Fabio (Giorgio Pasotti) è un giovane educatore che si occupa del percorso di reinserimento dei detenuti all'interno della società. Un giorno scopre che uno di questi è suo padre, Luigi Sparti (Giorgio Colangeli), che lo aveva abbandonato da bambino e che è stato condannato per omicidio. L'incontro costringe Fabio a fare i conti con i drammi del passato, e a scontrarsi con la sorella Cristina (Michela Cescon) che non vorrebbe riaprire vecchie ferite. Tra i due uomini inizia un confronto che li porterà a confidarsi le reciproche sofferenze vissute negli anni di lontananza.

Pellicola di esordio del regista Alessandro Angelini, incentrata su uno script lineare ed esile che si carica però di componenti espressive e introspettive di buono spessore. I personaggi sono scritti con cura e la pellicola si avvale di un notevole respiro stilistico capace di regalare sequenze fortemente evocative; colpisce, inoltre, la rappresentazione del carcere come di uno spazio che, anche quando non è presente fisicamente, si può intravedere nella dialettica padre/figlio e la cui atmosfera claustrofobica e opprimente si respira dal primo all'ultimo minuto. Capace di emozionare e fin di commuovere, è un film che pecca unicamente di un andamento un po' altalenante, diviso tra riflessioni importanti e qualche banalità di troppo (soprattutto nella seconda parte). Ma, in ogni caso, di opere prime così in Italia se ne fanno raramente e ci si può ampiamente accontentare.
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