Davenport, Iowa. Traumatizzata dal suicidio del marito e reduce da una lunga degenza in un istituto psichiatrico, un'italiana (Laura Morante) decide di rifarsi una vita aprendo un ristorante in una villa disabitata. Scoprirà che il luogo era stato teatro di agghiaccianti uccisioni e indagherà sulla scomparsa di due giovani mettendo ancor più a rischio la propria sanità mentale.

Pupi Avati torna al genere horror con una variazione sul tema della "casa infestata", recuperando le ambientazioni statunitensi già usate in Bix – Un'ipotesi leggendaria (1991) e tratteggiando la degenerazione emozionale di una protagonista sull'orlo del baratro. Notevole l'uso quasi gotico delle ambientazioni (i labirintici cunicoli, a celare segreti inconfessabili) e sorprendente l'attenzione per il sonoro (le voci distorte che accompagnano e scandiscono la vicenda, provocando più di un brivido), ma l'originalità latita. Avati sembra aver perso quel tocco malsano che diede origine a La casa dalle finestre che ridono (1976) e si limita a offrire qualche sprazzo tensivo (il raggelante finale), trascurando lo script e le caratterizzazioni: maldestre e gratuite le figure di Mueller (Burt Young) e padre Amy (Treat Williams). Il tutto coronato da un ritmo non certo brillante. Laura Morante, in ogni caso, regala una performance da manuale, inquietando con il suo carico di traumi e fragilità. Yvonne Sciò è Ella Murray, Angela Goodwin è la Madre Superiora. Dissonanti musiche di Riz Ortolani.
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