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Paradise: Hope
Paradies: Hoffnung
Durata
92
Formato
Regista
Melanie (Melanie Lenz), tredicenne in sovrappeso, viene costretta dai parenti a passare l'estate in un centro di dimagrimento. Tra sfibranti esercizi fisici, diete forzate e abbuffate notturne, troverà il sostegno di coetanei nelle sue stesse condizioni e si invaghirà, ricambiata, del maturo dottor Arzt (Joseph Lorenz).
Ulrich Seidl completa la trilogia Paradise e, con questo Paradise: Hope (i cui legami con i precedenti Love e Faith, entrambi datati 2012, sono evidenti nelle correlazioni narrative veicolate dai legami familiari) tenta uno scarto, smussando la morbosità ormai divenuta notoria marca autoriale e delineando un iter di formazione adolescenziale a tratti realmente coinvolgente. Gli intenti, seppur apprezzabili, danno comunque origine a un'opera in fragile equilibrio tra spirito di denuncia (le stoccate sociologiche inerenti al consumismo) e rappresentazione delle miserie umane che, anche se flebilmente rischiarate dalla speranza a cui fa riferimento il titolo, non riescono a prescindere da un fastidioso compiacimento. Il grottesco dilaga inarrestabile (i sistemi da lager della struttura in cui sono confinati i piccoli obesi), risultando spesso forzato e gratuito; anche se il sentimento non consumato tra i protagonisti denota una delicatezza di tratteggio inaspettata, regalando sequenze che non si dimenticano facilmente (Melanie svenuta e inerme nel bosco, osservata da un Arzt in evidente conflitto con le proprie inconfessabili pulsioni sessuali). Scritto dal regista con Veronika Franz. Presentato in concorso al Festival di Berlino.
Ulrich Seidl completa la trilogia Paradise e, con questo Paradise: Hope (i cui legami con i precedenti Love e Faith, entrambi datati 2012, sono evidenti nelle correlazioni narrative veicolate dai legami familiari) tenta uno scarto, smussando la morbosità ormai divenuta notoria marca autoriale e delineando un iter di formazione adolescenziale a tratti realmente coinvolgente. Gli intenti, seppur apprezzabili, danno comunque origine a un'opera in fragile equilibrio tra spirito di denuncia (le stoccate sociologiche inerenti al consumismo) e rappresentazione delle miserie umane che, anche se flebilmente rischiarate dalla speranza a cui fa riferimento il titolo, non riescono a prescindere da un fastidioso compiacimento. Il grottesco dilaga inarrestabile (i sistemi da lager della struttura in cui sono confinati i piccoli obesi), risultando spesso forzato e gratuito; anche se il sentimento non consumato tra i protagonisti denota una delicatezza di tratteggio inaspettata, regalando sequenze che non si dimenticano facilmente (Melanie svenuta e inerme nel bosco, osservata da un Arzt in evidente conflitto con le proprie inconfessabili pulsioni sessuali). Scritto dal regista con Veronika Franz. Presentato in concorso al Festival di Berlino.
