In campagna, Karel (Jan Hartl) trova una radice d'albero dalle fattezze vagamente umane e la regala a sua moglie Bozena (Veronika Zilková). La donna si affeziona immediatamente all'essere inanimato, allattandolo come se fosse un figlio. Una mattina la pianta prende vita, in preda a una fame insaziabile.

Tra stop-motion, sequenze d'animazione e recitazione in carne e ossa, Little Otik è la fiaba (nera) per eccellenza di Jan Švankmajer. Partendo da un racconto popolare, il regista praghese opera sul testo come se si trovasse in una declinazione macabra e perversa del Pinocchio di Collodi. Accusato di essere il film più mainstream di Švankmajer, è al contrario l'ennesimo e metaforico percorso dell'esistenza, esercitato attraverso la materia inerte che si anima. Quest'energia sprigionata (ed emancipata) sovverte qualsiasi ordine precostituito, e finisce per fagocitare l'universo circostante. Con l'amara consapevolezza che la vita liberata è sempre destinata a esser repressa dal vecchio ordine delle cose. Little Otik è l'ennesima dimostrazione, nella carriera del regista, della forza del cinema d'animazione, in tutte le sue forme e tecniche, come mezzo versatile, adulto ed efficace.
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