Love and Monsters
Love and Monsters
Durata
109
Formato
Regista
In un futuro imprecisato, una catastrofe ha stravolto le sorti dell’umanità: la maggior parte degli esseri viventi ha raggiunto dimensioni mostruose, il 95% della popolazione è stato sterminato e il resto vive nei bunker. Sei anni dopo Joel (Dylan O’Brien), un ragazzo assolutamente negato per l’apocalisse, gioca il tutto per tutto: riuscirà a sopravvivere 7 giorni in superficie per ritrovare il suo amore perduto?
Love and Monsters si accoda a un genere, quello post apocalittico, molto gettonato e da sempre affascinante, senza pretendere di rinnovarlo. Si configura subito come un modesto ma efficace prodotto di intrattenimento, con un messaggio chiaro e preciso: l’importanza di superare i propri limiti e di saper individuare le proprie potenzialità. Inizialmente il tutto viene fatto in nome di un bene superiore, quello dell’amore, vero motore della vicenda. E se questo motivo pare troppo ideale, ai limiti dell’infantilità, sul finale veniamo confortati da un plot twist che riporta sulla “giusta” strada, più coerente e matura. Del resto, l’impulsività di Joel risultava eccessivamente irreale, come certi dettagli disseminati lungo la narrazione; basti pensare alle frecce della sua balestra che non vengono mai raccolte o al mistero di una colonia di anziani sopravvissuta. È un film che non osa troppo e che punta a soddisfare diversi target, adottando un tono leggero e, in funzione di ciò, un buon bilanciamento tra dramma e divertimento, azione e ironia. Ma l’amaro in bocca deriva dal fatto che non solo non sfrutta il genere per aggiungervi un tassello o sostenere un discorso più serio, ma non gli rende nemmeno giustizia. Se lo scenario da fin du monde funziona, paradossalmente, quando c’è realismo e coerenza, qui appare evidente che la distopia è solo un pretesto attraente, e quel che rimane è una tesi piuttosto ritrita.
Love and Monsters si accoda a un genere, quello post apocalittico, molto gettonato e da sempre affascinante, senza pretendere di rinnovarlo. Si configura subito come un modesto ma efficace prodotto di intrattenimento, con un messaggio chiaro e preciso: l’importanza di superare i propri limiti e di saper individuare le proprie potenzialità. Inizialmente il tutto viene fatto in nome di un bene superiore, quello dell’amore, vero motore della vicenda. E se questo motivo pare troppo ideale, ai limiti dell’infantilità, sul finale veniamo confortati da un plot twist che riporta sulla “giusta” strada, più coerente e matura. Del resto, l’impulsività di Joel risultava eccessivamente irreale, come certi dettagli disseminati lungo la narrazione; basti pensare alle frecce della sua balestra che non vengono mai raccolte o al mistero di una colonia di anziani sopravvissuta. È un film che non osa troppo e che punta a soddisfare diversi target, adottando un tono leggero e, in funzione di ciò, un buon bilanciamento tra dramma e divertimento, azione e ironia. Ma l’amaro in bocca deriva dal fatto che non solo non sfrutta il genere per aggiungervi un tassello o sostenere un discorso più serio, ma non gli rende nemmeno giustizia. Se lo scenario da fin du monde funziona, paradossalmente, quando c’è realismo e coerenza, qui appare evidente che la distopia è solo un pretesto attraente, e quel che rimane è una tesi piuttosto ritrita.