Nell'Irlanda degli anni Sessanta, ammorbata da fanatismo religioso e puritanesimo, non è facile essere un'adolescente. Così Margaret (Anne-Marie Duff), molestata dal cugino, Bernadette (Nora-Jane Noone), orfana procace e maliziosa e Rose (Dorothy Duffy), rimasta incinta per sbaglio, vengono rinchiuse in una Casa Magdalena, vero e proprio lager gestito da severissime suore dove le ragazze vengono costrette a lavorare in regime di schiavitù per espiare i propri peccati.

Ispirandosi al documentario Sex in a Cold Climate di Steve Humphries e alle figure femminili che in esso si raccontano, Peter Mullan sceglie di scoperchiare uno scomodo vaso di Pandora portando alla luce una delle pagine più buie e misconosciute della recente storia irlandese. Quella delle Case Magdalene è una vicenda poco nota che si stima coinvolse più di 30.000 donne e ragazze, tra “peccatrici”, portatrici di handicap e semplici adolescenti considerate troppo vivaci dalle famiglie, rinchiuse e costrette a massacranti turni in lavanderia senza retribuzione, sotto l'egida fanatica delle suore che non permettevano loro di uscire, parlare e intrattenere relazioni sociali. Mullan non ci va certo leggero e sceglie di raccontare le squallide vite delle ragazze nel modo più crudo e realistico possibile, non lesinando su sequenze di violenze, percosse e torture psicologiche e rappresentando le suore, capitanate dalla sadica madre superiora Bridget (Geraldine McEwan), come un branco di represse psicotiche. Adottando un'estetica tetra e polverosa come i luoghi oscuri che racconta, Mullan colpisce forte allo stomaco, mai indulgendo in tentazioni retoriche e facendo un uso ammirevole dei silenzi e degli sguardi che le ragazze, non potendo esprimersi verbalmente, sono costrette a utilizzare per comunicare. Cast di giovanissime particolarmente efficace con la presenza di un'antagonista, la piccola ma malefica suor Bridget, spaventevole e indimenticabile, mentre il regista ritaglia per se la particina del violento padre di una ragazza fuggitiva, poi ripescata e ricacciata a suon di botte nella Casa. Una riflessione viscerale e sentita sulla solitudine femminile e sull'isolamento causato dall'ottusità culturale e una coraggiosa denuncia di una realtà che, incredibilmente, è sopravvissuta fino al 1996. Vincitore del Leone d'oro alla Mostra del Cinema di Venezia 2002.
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