XIII secolo. Mentre l’esercito del re di Boemia si scontra con dei clan ancora vicini al Paganesimo, Marketa (Magda Vásáryová), promessa a Dio dal padre, viene rapita e violentata, ma si innamora del suo aggressore.

A dispetto del titolo, il film non si focalizza esclusivamente sul personaggio di Marketa, regalando invece un affresco corale che alterna un realismo sporco e crudo a momenti di visioni estatiche. Tra rapimenti e massacri, la vera lotta è quella tra un Paganesimo ancora radicato e un cristianesimo che iniziava a imporre la sua autorità a livello capillare. Una narrazione fluviale, ricchissima di personaggi, immerge lo spettatore in un Medioevo crudele e selvaggio, dove lo splendore abbacinante della neve non fa altro che sottolineare la sozzura intorno a sé. Curatissima tutta la confezione, dai magnifici costumi alle scenografie, passando per un accompagnamento musicale che si rifà alle composizioni dell’epoca e a una fotografia superba. Regia e scrittura, poi, gestiscono in maniera non banale un soggetto che poteva facilmente scadere nel manicheismo, rendendo invece tutti i personaggi complessi sia attraverso la loro caratterizzazione che con inquadrature audaci che li scrutano senza pietà. Un film non semplice, ma altrettanto difficile da dimenticare.
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