Nel 1915, a seguito della rivoluzione in Turchia, il governo decide di epurare gli armeni nel Paese, diversi per etnia e religione. Nonostante la pacifica convivenza con la comunità, ne fa le spese anche la famiglia di Nunik (Paz Vega) che viene deportata e sterminata. Né il fidanzato Egon (Alessandro Preziosi), né l'innamorato Ferzan (Moritz Bleibtreu), entrambi nell'esercito, riusciranno a evitare il suo sacrificio. Qualcuno però si salverà, grazie all'aiuto di Nazim (Mohammad Bakri), un mendicante pentito per aver tradito coloro che lo avevano sempre aiutato.

Micidiale polpettone storico, gravato, come già accaduto in altre opere dei Taviani, dalla pesantezza tipica delle produzioni multi-nazionali. Quando una pellicola su una tematica scottante e controversa come l'eccidio armeno inizia con il patriarca che ha visioni di sangue sul muro e muore come Kane in Quarto potere (1941), si capisce subito che non c'è molto da stare allegri. Oltre alle buone intenzioni, stavolta si salva solo (a tratti) la tecnica sicura dei registi, comunque piegata alle ragioni di un pathos creato a tavolino tra scene madri e musica straziante. Inutile poi cercare una logica nelle motivazioni dei personaggi che, da una parte e dall'altra, sembrano sempre in balìa del destino e incapaci di opporvisi. Sceneggiato dai Taviani a partire dal soggetto che Antonia Arslan ha tratto dal proprio romanzo omonimo.
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