Peter Jones (Anthony Higgins), diplomatico inglese in Francia, intuisce dalla segnalazione di un detective che la moglie Margaret (Charlotte Rampling) ha un amante. La donna non si intrattiene però con un uomo, bensì con uno scimpanzé di nome Max. Un'eccentricità inspiegabile, cui seguiranno situazioni imprevedibili.

Ōshima si cimenta in uno spiazzante film satirico, che non sarebbe dispiaciuto al magistero di Marco Ferreri e alla sua corrosiva vena provocatoria e allegorica. Questa volta, l'obiettivo del regista giapponese è la borghesia di bocca buona, ipocrita e fintamente trasgressiva, che quando trasgredisce veramente non può che farlo in modo ridicolo e parossistico, mostrando ancora una volta la sua nevrosi e i suoi malesseri nascosti malamente, come la polvere sotto il tappeto. Ōshima non calca la mano sulla dimensione paradossale e surreale della vicenda, mantiene il tocco verosimile della commedia di costume all'acido muriatico e una smaliziata levità nell'affrontare una dinamica narrativa così folle (costantemente a un passo dal ridicolo involontario). L'autore, alle prese con una trasferta in terra europea e transalpina, sembra tuttavia essersi addolcito rispetto ai suoi soliti standard iconoclasti e cattivissimi. Di gran lunga preferibili. Scritto dal regista insieme a Jean-Claude Carrière, autore del soggetto, e prodotto da Serge Silberman, abituale produttore delle opere di Buñuel. Fotografia di Raoul Coutard. Presentato in concorso al Festival di Cannes.
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