Racconto crudele della giovinezza
Seishun zankoku monogatari
Durata
96
Formato
Regista
Makoto ((Miyuki Kuwano), studentessa universitaria, fa la prostituta. Con Kiyoshi (Yûsuke Kawazu) però c'è qualcosa di più, tanto che i due finiscono a vivere insieme. La loro situazione economica è però disperata e le preoccupazioni li attanagliano, per cui a Makoto non resta altro che tornare sulla strada.
Grande affresco sulla gioventù giapponese del suo tempo, attraverso il quale Nagisa Ōshima sintetizza e restituisce tutta l'angosciosa assenza di speranza e il crudo nichilismo di un'intera generazione e, contemporaneamente, dà il la a quella che può essere bollata come una sorta di "nouvelle vague giapponese". Racconto crudele della giovinezza può vantare una sapiente dose di brutale prosaicità e sfrontatezza giovanile, visibile soprattutto nella volontà del regista nipponico di girare alcune scene nel modo più antiaccademico possibile, sovvertendo i canoni formali e contrappuntando la quotidianità delle situazioni con dosi provocatorie di sesso e violenza. L'iperrealismo dello sguardo del regista, che usa magistralmente il fuori campo e la sintassi cinematografica, può ricordare un approccio pasoliniano, ma è innegabile che Ōshima sia un cineasta dagli obiettivi più studiati e mirati: ciò che in Pasolini era urgenza poetica e che nel coevo cinema francese rasentava a conti fatti l'avanguardia, qui si traduce inevitabilmente in presa di posizione più smaccatamente politica. Il film, complice la sua natura tutt'altro che accomodante, fu un vero e proprio caso, facendo da volano per la successiva carriera del regista.
Grande affresco sulla gioventù giapponese del suo tempo, attraverso il quale Nagisa Ōshima sintetizza e restituisce tutta l'angosciosa assenza di speranza e il crudo nichilismo di un'intera generazione e, contemporaneamente, dà il la a quella che può essere bollata come una sorta di "nouvelle vague giapponese". Racconto crudele della giovinezza può vantare una sapiente dose di brutale prosaicità e sfrontatezza giovanile, visibile soprattutto nella volontà del regista nipponico di girare alcune scene nel modo più antiaccademico possibile, sovvertendo i canoni formali e contrappuntando la quotidianità delle situazioni con dosi provocatorie di sesso e violenza. L'iperrealismo dello sguardo del regista, che usa magistralmente il fuori campo e la sintassi cinematografica, può ricordare un approccio pasoliniano, ma è innegabile che Ōshima sia un cineasta dagli obiettivi più studiati e mirati: ciò che in Pasolini era urgenza poetica e che nel coevo cinema francese rasentava a conti fatti l'avanguardia, qui si traduce inevitabilmente in presa di posizione più smaccatamente politica. Il film, complice la sua natura tutt'altro che accomodante, fu un vero e proprio caso, facendo da volano per la successiva carriera del regista.