La cerimonia
Gishiki
Durata
123
Formato
Regista
Masuo (KenzÅ Kawarasaki) torna in Giappone con la madre per riunirsi alla sua famiglia, che però è funestata da eventi tragici e vede vacillare i punti di riferimento che ne hanno tenuto in piedi lo spirito praticamente dalla notte dei tempi. Altri lutti colpiranno la famiglia, tra morti e suicidi, costringendola ad alternare una cerimonia funebre dietro l'altra.
Primo film di ÅŒshima a essere distribuito in Italia, si tratta di una delle sue opere più significative, un pietra angolare del cinema giapponese post-bellico, incentrata sul tema del suicidio e dell'annullamento di sé. Un argomento che va di pari passo, fino a esserne diretta conseguenza, con la castrante dimensione familiare propria della civiltà nipponica, qui messa a nudo in tutta la sua debolezza e inattualità proprio mentre è sul punto di accogliere il germe dell'Occidente dentro di sé. Stupefacente nella dimensione liturgica e sacrale, alla quale si accompagnano una malinconica nostalgia e la sensazione di un disfacimento totale e inarrestabile. ÅŒshima provvede a stigmatizzare i vizi e le ipocrisie, gli artifici e i mascheramenti, l'odio per il diverso e le intolleranze più disparate, confermandosi come il più grande iconoclasta emerso nel cinema giapponese del Dopoguerra. Un film senza speranza, che sembra identificare nell'incapacità delle nuove generazioni di costruirsi un futuro, ma anche nella miopia vergognosa e scellerata con cui le vecchie hanno gestito il passato, la radice profonda di ogni male presente. La natura, mai come in questo caso, è tanto mostruosa e annichilente quanto silente, simile a una Sfinge che aspetta di colpire a morte l'uomo ma si guarda bene dal fornire risposte, alleandosi con un Fato severo ma giusto per punire gli uomini. Dal punto di vista antropologico e culturale, uno dei film giapponesi più importanti di sempre, equiparabile a un libro di testo da studiare attentamente e con la massima serietà, di stazione in stazione e di cerimonia in cerimonia. Presentato alla Quinzaine des réalizateurs del Festival di Cannes.
Primo film di ÅŒshima a essere distribuito in Italia, si tratta di una delle sue opere più significative, un pietra angolare del cinema giapponese post-bellico, incentrata sul tema del suicidio e dell'annullamento di sé. Un argomento che va di pari passo, fino a esserne diretta conseguenza, con la castrante dimensione familiare propria della civiltà nipponica, qui messa a nudo in tutta la sua debolezza e inattualità proprio mentre è sul punto di accogliere il germe dell'Occidente dentro di sé. Stupefacente nella dimensione liturgica e sacrale, alla quale si accompagnano una malinconica nostalgia e la sensazione di un disfacimento totale e inarrestabile. ÅŒshima provvede a stigmatizzare i vizi e le ipocrisie, gli artifici e i mascheramenti, l'odio per il diverso e le intolleranze più disparate, confermandosi come il più grande iconoclasta emerso nel cinema giapponese del Dopoguerra. Un film senza speranza, che sembra identificare nell'incapacità delle nuove generazioni di costruirsi un futuro, ma anche nella miopia vergognosa e scellerata con cui le vecchie hanno gestito il passato, la radice profonda di ogni male presente. La natura, mai come in questo caso, è tanto mostruosa e annichilente quanto silente, simile a una Sfinge che aspetta di colpire a morte l'uomo ma si guarda bene dal fornire risposte, alleandosi con un Fato severo ma giusto per punire gli uomini. Dal punto di vista antropologico e culturale, uno dei film giapponesi più importanti di sempre, equiparabile a un libro di testo da studiare attentamente e con la massima serietà, di stazione in stazione e di cerimonia in cerimonia. Presentato alla Quinzaine des réalizateurs del Festival di Cannes.