Alla ricerca del Vello d'Oro, Giasone (Giuseppe Gentile) giunge in Colchide, terra selvaggia, dove viene aiutato dalla strega Medea (Maria Callas), innamorata di lui. Torneranno insieme a Corinto, dove metteranno al mondo due figli. Ma l'ambizione di Giasone e le differenze culturali tra Corinto e la Colchide faranno lentamente impazzire Medea.

Dopo Edipo re (1967) e il progetto abbandonato sull'Orestiade africana, Medea è un altro film di Pier Paolo Pasolini dedicato alla rappresentazione delle contraddizioni dell'Occidente attraverso le tragedie dell'antica Grecia. Se nell'opera su Edipo l'inconsapevolezza della colpa del protagonista simboleggiava la falsa innocenza dei nuovi borghesi, il cui benessere poggia sulla sopraffazione del prossimo, e nella mancata Orestiade la trasformazione delle feroci Erinni in spirito della Democrazia rappresentava il passaggio dallo stato tribale alla civilizzazione dell'Africa post-coloniale, con Medea Pasolini compie la stessa operazione, usando lo scontro tra la selvaggia Colchide e la razionale Corinto per parlare dell'emersione, non priva di contraddizioni, del Terzo Mondo dallo stato di natura. Questa volta, tuttavia, l'impianto simbolico è sovraccarico e finisce in parte con lo schiacciare un film che punta tutto su un'affascinante ma ingombrante apparato metaforico. Lo sconto fra razionalità e irrazionalità, così come tra l'ordine e il caos, ha comunque diversi motivi d'interesse e colpiscono tanti spunti (politici?) che rimandano all'attualità degli anni in cui il film è stato girato. Pur con qualche passaggio fin troppo essenziale e pieno di troppe ellissi, la Medea di Pasolini resta comunque una notevole esperienza visiva di taglio pittorico, dal fascino arido e selvaggio. Di grande suggestione, soprattutto, l'ambientazione, tra Cappadocia, Aleppo e Pisa. Stupenda Maria Callas in una prova che ha tanto a che fare anche con la sua biografia: si tratta della sua prima e, contemporaneamente, ultima performance per il grande schermo e la sua interpretazione dolce e feroce allo stesso tempo è il vero valore aggiunto dell'intera operazione. Fotografia di Ennio Guarnieri, scene di Dante Ferretti.


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