Non si può morire ballando

Anno

Paese

Generi

Durata

85

Formato

Regista

Gianluca (Salvatore Palombi), costretto sul letto di ospedale da settimane a causa di una malattia rara, provocata dalla cosiddette “cellule dormienti” viene assistito quotidianamente da suo fratello Massimiliano (Mauro Negri). Non tutto sembra perduto.

Diretto da Andrea Castoldi e realizzato in un contesto produttivo e distributivo del tutto indipendente, Non si può morire ballando tenta di declinare in chiave intima e personale il tema della malattia, ma non riesce a sganciarsi da una sensazione di amatorialità che fa capolino lungo tutta la durata di un lungometraggio acerbo e stiracchiato. Abbondano le frasi stucchevoli e sentenziose che vorrebbero ergersi a massime poetiche sull’esistenza ma non vanno oltre il post-it intriso di melassa (“Pensare che un libro possa regalarti la vita è stupendo, basta non aprirlo mai”, “L’amore è utopia, come l’insegna illuminata di un hotel con le due ultime lettere spente”, “La vita altro non è che una distesa di fiori profumati con una lavatrice rotta piazzata nel mezzo”). La sceneggiatura, con queste premesse, si configura come il principale tallone d’Achille di un’operazione che denota buona sensibilità solo nelle premesse raccolte e drammatiche, smarrendosi di fatto tra ridondanze retoriche di varia natura e sequenze annacquate di cui non si avverte la necessità. 

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