Dopo le ore di studio, alcuni studenti di fisica si ritrovano nel bar Eden di Bratislava, un locale dall'arredamento molto particolare, teatro di show sovraccarichi di suggestioni pruriginose, sessuali e oscure.

Un curioso ma fallimentare parto della fantasia del cervellotico e tutt'altro che prolifico regista francese Alain Robbe-Grillet, che avrebbe voluto smettere di far cinema nel momento del passaggio dal bianco e nero al colore ma ci ripensò, ispirato dalla verde vegetazione tunisina e stimolato dall'idea di girare un lungometraggio che lavorasse in maniera espressiva sul colore. Tra cromatismi puri e omaggi a Mondrian, l'autore firma un'opera ripiegata su se stessa, il più delle volte senza capo né coda. Un gioco di prestigio vanamente espressionista, un trucchetto senza niente da nascondere, un cappello senza coniglio: passano sullo schermo intermezzi erotici fuori posto e fuori da ogni buon senso, mentre la gratuità della composizione visiva appare stucchevole. Lo zoppicante e debole finale, che rivela la natura allucinatoria del tutto, getta l'ennesima ombra su un'operazione certo non banale ma vessata da una tendenza al trasformismo e alla visionarietà mai a fuoco. Oltre l'Eden, ma nel senso di lontano dal paradiso. Presentato al Festival di Berlino.
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