La quotidianità di quattro ragazzi, il cui punto di ritrovo è un chiosco di giornali: lo studente Carlos (Alberto Jiménez), che vuole fare colpo su un'avvenente vicina di casa; Chispa (José Luis García), che passa le sue giornate a lavorare; il timido El negro (Joaquín Cascales Zarzo); il problematico Andrés (José Sierra).

Dopo El pisito (1959), Marco Ferreri continua il suo attacco frontale verso la Spagna franchista, raccontando le malinconiche vicende di una gioventù ormai priva di punti di riferimento e delineando una corrosiva trilogia che si concluderà con El cochecito (1960). La sceneggiatura, firmata dal regista con Leonardo Martín, punta a tratteggiare il traumatico ingresso nel mondo adulto, analizzando le singole vicende ed enfatizzando un senso di inadeguatezza che sarà proprio di tutto il cinema ferreriano. Ambizioni notevoli, ma la sceneggiatura arranca tra ripetizioni e schematismi e la narrazione si rivela eccessivamente lineare, facendo emergere la quasi totale assenza di guizzi strutturali o visivi. Un film acerbo (ma significante e rivelatore di futuri feticci), che regala comunque una sequenza memorabile: l'ingresso nella sala degli specchi deformanti, metafora di una realtà alienante e di un periodo storico grottesco nella sua tragicità. Funzionale bianco e nero di Francisco Sempere.
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