Paese barbaro
Pays barbare
Durata
65
Formato
Regista
Montaggio di rarissimi filmati che documentano l'occupazione fascista in Africa.
Partendo da materiali di repertorio, probabilmente realizzati a scopo celebrativo, dell'opera di “civilizzazione” che il regime fascista si illudeva di mettere in atto in Libia e nei Paesi del Corno d'Africa, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi riescono a costruire, grazie all'elaborazione della pellicola, un atto di accusa nei confronti della disumanità del colonialismo e delle dinamiche di guerra. Accompagnati dalla voce cantata di Giovanna Marini, i terrificanti fotogrammi dell'epoca dimostrano che, al contrario di quanto sosteneva Benito Mussolini, siamo stati noi, e non gli africani, i veri barbari colonizzatori, capaci di usare le armi chimiche per tentare di affermare il potere del regime sulla scena internazionale. Come in Prigionieri della guerra (1995), Su tutte le vette è pace (1999) e Oh! Uomo (2004), la denuncia dei due documentaristi è forte, come lo sono i frammenti di un'epoca lontana, ma non per questo meno brutale: una visione sicuramente impegnativa, a tratti un po' forzata e non per tutti i gusti, ma di buon impatto.
Partendo da materiali di repertorio, probabilmente realizzati a scopo celebrativo, dell'opera di “civilizzazione” che il regime fascista si illudeva di mettere in atto in Libia e nei Paesi del Corno d'Africa, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi riescono a costruire, grazie all'elaborazione della pellicola, un atto di accusa nei confronti della disumanità del colonialismo e delle dinamiche di guerra. Accompagnati dalla voce cantata di Giovanna Marini, i terrificanti fotogrammi dell'epoca dimostrano che, al contrario di quanto sosteneva Benito Mussolini, siamo stati noi, e non gli africani, i veri barbari colonizzatori, capaci di usare le armi chimiche per tentare di affermare il potere del regime sulla scena internazionale. Come in Prigionieri della guerra (1995), Su tutte le vette è pace (1999) e Oh! Uomo (2004), la denuncia dei due documentaristi è forte, come lo sono i frammenti di un'epoca lontana, ma non per questo meno brutale: una visione sicuramente impegnativa, a tratti un po' forzata e non per tutti i gusti, ma di buon impatto.