Mechanic: Resurrection
Mechanic: Resurrection
Durata
98
Formato
Regista
Arthur Bishop (Jason Statham) si è ritirato a Rio de Janeiro sotto falso nome, ma la sua tranquillità viene turbata dagli uomini di Riah Crane (Sam Hazeldine) che vogliono assoldarlo per commettere altri omicidi. Rifugiatosi in Thailandia dall'amica Mae (Michelle Yeoh), Bishop si ritroverà, tra signori della guerra e trafficanti, a difendere la bella Gina (Jessica Alba).
Sequel di Professione assassino (2011), a sua volta remake dell’omonimo film del 1972 con Charles Bronson, Mechanic: Resurrection è la tipica pellicola targata Jason Statham. Inseguimenti, fughe rocambolesche e gran spreco di digitale, tutto a servizio del muscolare e solido protagonista con la consueta espressività inesistente. Persino lo spettatore più affezionato non può non notare che la frenesia con cui le sequenze vengono dirette e i continui cambi di ambientazione, con conseguente sperpero di budget, sono solo pallidi tentativi di riempire un vuoto incolmabile, di reiterare all’infinito una formula logora che ormai mostra la corda da qualche anno. Statham prosegue indefesso con il pilota automatico, affiancato dalle due bellezze di ordinanza; la sceneggiatura è il consueto colabrodo e i dialoghi, non brillanti, ridotti all’osso. Solo per aficionados del genere.
Sequel di Professione assassino (2011), a sua volta remake dell’omonimo film del 1972 con Charles Bronson, Mechanic: Resurrection è la tipica pellicola targata Jason Statham. Inseguimenti, fughe rocambolesche e gran spreco di digitale, tutto a servizio del muscolare e solido protagonista con la consueta espressività inesistente. Persino lo spettatore più affezionato non può non notare che la frenesia con cui le sequenze vengono dirette e i continui cambi di ambientazione, con conseguente sperpero di budget, sono solo pallidi tentativi di riempire un vuoto incolmabile, di reiterare all’infinito una formula logora che ormai mostra la corda da qualche anno. Statham prosegue indefesso con il pilota automatico, affiancato dalle due bellezze di ordinanza; la sceneggiatura è il consueto colabrodo e i dialoghi, non brillanti, ridotti all’osso. Solo per aficionados del genere.