Le petit lieutenant
Le petit lieutenant
Durata
114
Formato
Regista
Il giovane tenente Antoine Derouère (Jalil Lespert) ottiene una promozione ed entra a far parte della squadra anticrimine di Parigi guidata dal capitano Caroline Vaudieu (Nathalie Baye). Entusiasta, integerrimo e disposto a tutto per mostrare il proprio valore ai suoi superiori, Antoine ben presto dovrà scontrarsi con una realtà ben più complessa, violenta e pericolosa di quanto immaginasse.
Un thriller poliziesco dallo stile molto secco e documentarista, in cui le scene d'azione sono sapientemente centellinate, lasciando più spazio all'introspezione psicologica e alla costruzione visiva, facendo parlare gli ambienti che danno una dimensione di degrado e di smarrimento. La sceneggiatura problematizza i suoi personaggi che agiscono pur portandosi appresso le loro afflizioni personali, ma riescono, seppur in modo precario, a distinguere l'aspetto privato da quello pubblico. Intelligente rilettura del genere polar (di cui disattende gran parte delle convenzioni), filtrato da un'impostazione realistica e antispettacolare (come mostra la particolare attenzione ai dettagli burocratici o alla quotidianità dei protagonisti che rivelano i lati più reconditi e complessi del loro animo), intimista, sofisticata e straniante ma non per questo meno appassionante e coinvolgente. Acuta riflessione sui compromessi al ribasso che la dedizione e il senso del dovere sono chiamati ad accettare dovendosi scontrare con le contraddizioni della natura umana e con l'abbrutimento morale di una società senza regole dove certi valori sono ormai considerati obsoleti e destinati a essere schiacciati da prepotenze e cinismo. Strepitosa la prova di Nathalie Baye (vincitrice di un Cèsar), nei panni del capitano Vadieu, ex alcolista che prende sotto la sua ala protettiva il giovane Antoine: personaggio complesso cui l'attrice sa donare eleganza e infinita classe oltre a una profondità che non lascia indifferenti. Grande successo in patria, inedito in Italia.
Un thriller poliziesco dallo stile molto secco e documentarista, in cui le scene d'azione sono sapientemente centellinate, lasciando più spazio all'introspezione psicologica e alla costruzione visiva, facendo parlare gli ambienti che danno una dimensione di degrado e di smarrimento. La sceneggiatura problematizza i suoi personaggi che agiscono pur portandosi appresso le loro afflizioni personali, ma riescono, seppur in modo precario, a distinguere l'aspetto privato da quello pubblico. Intelligente rilettura del genere polar (di cui disattende gran parte delle convenzioni), filtrato da un'impostazione realistica e antispettacolare (come mostra la particolare attenzione ai dettagli burocratici o alla quotidianità dei protagonisti che rivelano i lati più reconditi e complessi del loro animo), intimista, sofisticata e straniante ma non per questo meno appassionante e coinvolgente. Acuta riflessione sui compromessi al ribasso che la dedizione e il senso del dovere sono chiamati ad accettare dovendosi scontrare con le contraddizioni della natura umana e con l'abbrutimento morale di una società senza regole dove certi valori sono ormai considerati obsoleti e destinati a essere schiacciati da prepotenze e cinismo. Strepitosa la prova di Nathalie Baye (vincitrice di un Cèsar), nei panni del capitano Vadieu, ex alcolista che prende sotto la sua ala protettiva il giovane Antoine: personaggio complesso cui l'attrice sa donare eleganza e infinita classe oltre a una profondità che non lascia indifferenti. Grande successo in patria, inedito in Italia.