Kowalski (Barry Newman) deve portare un'auto da Denver a San Francisco; ex pilota, scommette con uno spacciatore sul tempo in cui porterà a termine il tragitto e inizia una folla corsa attraverso il West. Presto sarà braccato dalla polizia di quattro stati.

Piccolo cult di inizio anni Settanta, Punto zero è uno dei film maggiormente emblematici del periodo. Ancora di più del di poco precedente (e punto di riferimento palese) Easy Rider (Dennis Hopper, 1969), compendia in poche semplici idee di sceneggiatura e messa in scena una fotografia della disillusione dell'America, che aveva sognato di cambiare il mondo nei Sessanta. Gli hippie e le droghe, il West torrido e deserto, la strada con il suo carico di simboli, lo spettro del Vietnam, la musica rock e soul, l'oppressiva e violenta forza del perbenismo: c'è tutto nella disperata e insensata corsa di Kowalski, silenzioso “ultimo eroe americano”, così come lo definisce Super Soul (Cleavon Little), lo speaker cieco che ascolta la radio della polizia e decifra per lo spettatore la simbologia del gesto. A tratti didascalico, è un film comunque affascinante e suggestivo, imperfetto nella confezione ma dotato di contenuti importanti. Il titolo originale Vanishing Point significa “punto di fuga”, quello che origina la prospettiva geometrica, lo stesso che c'è in fondo all'orizzonte di una dritta, assolata e deserta autostrada dell'Ovest.
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