Roberto Rossellini – Più di una vita

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87

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1956: la coppia formata da Ingrid Bergman e Roberto Rossellini è in profonda crisi, sia professionale che affettiva: i loro ultimi film non hanno avuto successo, ma lui non vuole che l’attrice lavori con altri registi. In cerca di nuovi stimoli, Rossellini parte per un avventuroso viaggio in India, accompagnato dal solo operatore Aldo Tonti e da pochi strumenti di ripresa. Ha un accordo verbale con il Primo Ministro Nehru per realizzare un ampio reportage sulla giovane democrazia dalle tradizioni millenarie. Tornerà dopo molti mesi con una nuova compagna, in attesa di un figlio: lo scandalo che ne seguirà porterà al blocco di tutto il girato che, solo dopo un intenso lavoro diplomatico, potrà essere montato nelle dieci puntate di L’India vista da Rossellini e nel film India – Matri Bhumi, presentato a Cannes nel 1959. Intanto Ingrid Bergman si è trasferita a Parigi con i tre figli piccoli e riprenderà la sua carriera a Hollywood. Rossellini dimostra di saper ancora realizzare un film di successo dirigendo l’amico Vittorio De Sica in Il Generale Della Rovere, ma si tratta ormai di una modalità produttiva che non lo interessa più: negli anni successivi, mentre il cinema d’autore tende a chiudersi in forme sempre più ideologiche, autoreferenziali e compiaciute, Rossellini volge lo sguardo altrove. Lo affascina la capacità del mezzo televisivo di raggiungere milioni di spettatori, e accetta la proposta della Rai di Ettore Bernabei per una serie di opere su grandi figure della storia e del pensiero.

Roberto Rossellini – Più di una vita è metacinema allo stato puro, un vero piacere per appassionati e studiosi della Settima Arte. I tre autori – Ilaria De Laurentiis, Andrea Paolo Massara e Raffaele Brunetti – già collaboratori di Alessandro Rossellini in The Rossellinis, realizzano un lavoro eccezionale di scrittura e montaggio, potendo consultare ricchi archivi privati, in gran parte appartenenti alla famiglia, e utilizzando materiali inediti: video, fotografie, lettere e altri documenti. Hanno scelto di affidarsi esclusivamente a fonti d'epoca, evitando quei “santini ex post” così diffusi oggi. Non mancano autentiche gemme: dalla trasmissione alla televisione francese, in cui il regista si rifiuta ostentatamente di rivedere le sequenze di Roma città aperta scelte per celebrarlo, alla dichiarazione di un giovane François Truffaut che manifesta la sua ammirazione per il maestro, pur consapevole delle sue difficoltà creative. Pur senza raccontare aspetti particolarmente nuovi, il film restituisce il ritratto di un personaggio fuori dal comune, un cittadino del mondo colto e affascinante, capace di portare avanti con coerenza e tenacia i propri convincimenti e di sfidare le convenzioni sociali, culturali ed economiche dominanti, assumendosene in prima persona tutti i rischi. Il documentario testimonia come la Settima Arte sia ancora in grado di riflettere su se stessa, anche quando affronta temi in apparenza già noti e sfruttati, purché lo faccia con rigore, curiosità e autenticità. Ed è proprio questa, in fondo, la lezione più grande che ci ha lasciato Roberto Rossellini.


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