Sfuggito alle persecuzioni in Afghanistan quando era ancora bambino, Ismail (Basi Ahang) vive in Europa con il fratello Hassan. La madre, che non ha mai smesso di attendere notizie dei suoi figli, oggi non lo riconosce. Dopo diverse e inquiete telefonate, Ismail capisce che qualcosa non va e andrà incontro al suo destino e a quello della sua famiglia.

Quindici anni dopo L’isola e dopo aver mostrato il suo notevole talento come documentarista in Terramatta (2012) e Triangle (2014), Costanza Quatriglio torna al cinema di finzione con un film doloroso e sentito, che racconta il popolo hazara, minoranza etnica di Afghanistan e Pakistan. Le tematiche dei migranti e i contenuti messi in campo colpiscono fino a un certo punto, ma l’idea della regista di raccontare una minoranza dalle radici (anche linguistiche) tanto significative rende comunque il suo progetto interessante e degno di essere visto. La messinscena punta sul minimalismo e sull’ellissi, riuscendo da un lato a far riflettere con più forza, ma dall’altro non riuscendo però a regalare sequenze realmente degne di note, risultando un po’ troppo statico per emozionare fino in fondo. A ogni modo, resta però un prodotto non scontato e capace di scuotere, in cui le storie di vita reale si mescolano con la finzione e con il desiderio di raccontare qualcosa di autentico. Da segnalare che Basi Ahang nella vita non è un attore, ma un importante giornalista e poeta appartenente al gruppo etnico che il film racconta.
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