Peter (Anthony Steffen), pianista cieco, indaga sulla misteriosa catena di omicidi compiuti da un serial killer che si aggira tra le belle modelle di un atelier di Copenaghen. L'assassino lascia sul luogo del delitto uno scialle giallo, segno distintivo dei suoi brutali delitti.

Ennesimo, stanco esempio di giallo all'italiana, sottogenere che raggiunse l'apice del successo popolare nel biennio 1971-1972, per poi affievolirsi sempre più nel corso degli anni successivi. La regia approssimativa (che cerca di rincorrere una propria via personale a suon di zoom e movimenti artigianali) affossa una già barcollante traccia thriller con cadenze erotiche che vede protagonista della catena di morti violente il solito maniaco omicida con cappellaccio, impermeabile, guanti di pelle nera e rasoio. L'ambientazione nel pruriginoso ambiente della moda, dipinto in modo alquanto dozzinale, è un semplice pretesto per mostrare una manciata di fanciulle a seno nudo. Confezione di una povertà disarmante. Assolutamente scult la trovata delle aggressioni da parte dei gatti neri. La citazione della scena della doccia di Psyco (1960) è comunque una chicca.
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