Nikolai (Mikhail Baryshnikov), un famoso ballerino russo che anni prima è espatriato negli Stati Uniti, a causa di un incidente aereo è costretto ad atterrare e fare ritorno proprio in Unione Sovietica. Qui gli agenti del KGB cominciano a inscenare un suo proverbiale rientro in patria e gli affiancano Galina (Helen Mirren), sua vecchia fiamma, e Raymond (Gregory Hines), ballerino afro-americano che, insieme alla moglie Darya (Isabella Rossellini), ha cercato fortuna in territorio sovietico: il fine è persuaderlo a rimanere in patria.

Taylor Hackford tenta ancora una volta di cimentarsi con il dramma sentimentale mascherato da intreccio socio-politico. La banalità del plot principale è tanto palesemente esibita quanto mal gestita in sede di regia, il ritmo è blando e sfida la sopportazione dello spettatore, manifestando uno scollamento tra il risultato finale e il mondo della danza, in cui ogni elemento vive in un perfetto equilibrio armonico. Il miraggio della libertà, monopolio esclusivo della società americana – sembra suggerire Hackford – è così irresistibile dall'oscurare tutto il resto. Se almeno i personaggi maschili posseggono una struttura che, nella sua familiarità, è ironicamente apprezzabile, sono quelli femminili a destare più di una perplessità. Oscar alla canzone, Say You, Say Me, cantata da Lionel Richie.
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