Arabia, anni Trenta. L'emiro Nesib (Antonio Banderas) sconfigge in battaglia il rivale Amar (Mark Strong), adottandone i due figli Auda (Tahar Rahim) e Saleeh (Akin Gazi). Tempo dopo, la guerra per il controllo del petrolio – trovato in abbondanza nei territori mediorientali – coinvolgerà i fratelli ormai cresciuti, portandoli a scelte radicali.

Ormai in piena crisi di ispirazione, Jean-Jacques Annaud adatta insieme ad Alain Godard e a Menno Meyjes il romanzo Arab, scritto dallo svizzero Hans Ruesch. Il risultato è un pietoso e agonizzante kolossal in salsa desertica, che sembra guardare (in modo a dir poco blasfemo) a Lawrence d'Arabia (1962) di David Lean: ricostruzione storica discutibile, sceneggiatura inesistente, sviluppo confuso e approssimativo, dialoghi demenziali e confezione inutilmente laccata. Una morale d'accatto (la presa di coscienza di Auda, che abbandona un asettico atteggiamento intellettualistico per risollevare le sorti del proprio paese) e un cast a dir poco ingessato completano il desolante quadro: Antonio Banderas e Mark Strong sono ai minimi sindacali. Musiche di James Horner.
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