Le sofferenze, i sogni, l'orgoglio e le illusioni di Chris Gutrie (Agyness Deyn), dall'infanzia in una famiglia di contadini dominata da un padre despota (Peter Mullan) fino a un amore su cui piomba l'incubo della grande guerra; unica costante, la terra, con la quale la protagonista si lega, quasi immedesimandosi, sempre più.



L'opera di Terence Davies funziona a corrente alternata e, nel complesso, più a livello figurativo che a livello narrativo, nonostante la storia di Chris – una Deyn che brilla di luce propria – tutto sommato riesca a emozionare. Convincono infatti la cura dei dettagli degli ambienti e e alcune scelte di regia; soprattutto, affascina come l'autore riesca a trasmettere la bellezza, magnifica e inquietante, delle Highlands scozzesi, rendendo quasi concreto il legame sempre più stretto e vischioso tra la protagonista e la sua terra. Peccato che, verso il finale, ci sia qualche cedimento di troppo alle scorciatoie melodrammatiche e che non tutti i passaggi, in particolare quelli che riguardano alcuni personaggi secondari, siano ben delineati, creando così un certo saliscendi anche emotivo. Nel complesso, comunque, un ritratto che guarda agli archetipi di eroine del romanzo ottocentesco di donna forte e orgogliosa, capace di ribaltare ogni volta il ruolo di vittima al quale sembra condannata. L'ottimo Peter Mullan nel ruolo del padre padrone spicca (insieme alla Deyn) su un cast di livello altalenante. Anteprima italiana al Torino Film Festival.
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