La teoria del volo

Richard (Kenneth Branagh) è un artista scapestrato e un po' folle con una grande passione per il volo. Dopo aver tentato di lanciare un biplano dal tetto di una banca, viene lasciato dalla sua fidanzata (Holly Aird) e condannato a svolgere lavori socialmente utili. Il suo compito sarà accudire una ragazza, Jane (Helena Bonham Carter), costretta sulla sedia a rotelle da una grave malattia. La giovane chiederà all'uomo di realizzare il suo sogno.

Al centro del secondo lungometraggio per il cinema di Paul Greengrass (il primo era il misconosciuto Resurrected del 1989) ci sono due persone che vivono ai margini, ma che trovano insieme la forza per affrontare la propria esistenza con coraggio. La sceneggiatura di Richard Hawkins presenta non pochi problemi e gli avvenimenti vengono svolti in maniera sbrigativa (come il tentativo di rapina in banca). A supplire alle mancanze della trama ci provano i due protagonisti: il ruolo del sognatore che ha perso ogni speranza ben si addice a Kenneth Branagh, così come Helena Bonham Carter riesce a trasmettere le frustrazioni di chi si ritrova condannato dalla malattia. Il livello della regia, però, rimane infimo: del tutto fuori luogo la scelta di utilizzare effetti per velocizzare le scene o enfatici ralenti del volo. E la retorica abbonda.