The Mauritanian

Mohamedou Ould Slahi (Tahar Rahim) si trova in Mauritania con la famiglia quando, in seguito agli attentati dell'11 settembre del 2001, viene catturato dal governo americano. Detenuto nella prigione di Guantanamo per quattordici anni, senza essere mai stato formalmente accusato, vede una possibilità di salvezza quando l’avvocatessa Nancy Hollander (Jodie Foster) decide di prenderne la difesa. Sul fronte opposto siede però il tenente colonnello Stuart Couch (Benedict Cumberbatch), desideroso di trovare giustizia per la morte dei colleghi rimasti uccisi negli attacchi terroristici.

Dopo l'eccellente lavoro su documentari come One Day in September e Touching the Void, Kevin MacDonald torna a raccontare una storia realmente accaduta e denunciata dal suo stesso protagonista nel libro di memorie Guantanamo Diary del 2015. Sorprende la maniera in cui entriamo in sintonia con Mohamedou: grazie all'incalzante doppio filo su cui si muove la narrazione, delle vicende giudiziarie ai ricordi scritti sulle lettere alla Hollander del detenuto, il formato cinematografico cambia e stringendosi porta lo spettatore a vivere con il protagonista la tremenda reclusione. Il sonoro ed efficaci effetti distorsivi cercano di riprodurre in maniera mimetica le torture a cui Ould Slahi è stato sottoposto per settanta giorni, in cui i ripetuti abusi sessuali e le diverse forme di violenza psicologica vanno a comporre un quadro realmente drammatico. La Mauritania dell’incipit e dell’explicit appare come il luogo della libertà, la casa in cui ritrovare la vita, di contro alla paradisiaca Guantanamo che si trasforma in un inferno di bugie e depistaggi. Con audacia MacDonald denuncia così alcune delle più atroci ingiustizie perpetrate dal governo statunitense a innocenti, un cast in stato di grazia consente al film di elevarsi rispetto alle tante e simili operazioni del genere giudiziario di denuncia.