The Tree of Life

The Tree of Life

Premi Principali

Palma d'oro al Festival di Cannes 2011

Anno

Paese

Usa

Durata

139

Formato




Jack O'Brien (Hunter McCraken da bambino, Sean Penn da adulto) è in crisi spirituale, si interroga sul senso della vita e mette in discussione la sua fede in Dio. Le riflessioni di Jack lo portano a ripensare alla sua infanzia, ai contrasti con il suo rude e severo padre (Brad Pitt), all'amore incondizionato della tenera madre (Jessica Chastain) e al rapporto con i suoi due fratelli, Steve (Tye Sheridan) e R.L. (Laramie Eppler), destinato a morire prematuramente a diciannove anni.

Dopo quasi tre anni di post-produzione, Terrence Malick ha dato vita al suo progetto più ambizioso e prettamente filosofico. La Natura severa e brutale (incarnata dal padre di Jack) e la Grazia spirituale, sensibile e amorevole (di cui la madre di Jack è emblema) sono due elementi tra loro conflittuali eppure necessariamente complementari, ambedue parti integranti dell'esistenza di ciascun individuo e di ogni microcosmo sociale. Partendo da una vicenda privata (e vagamente autobiografica), Malick estende le proprie riflessioni, passando dal particolare all'universale: la storia familiare è lo spunto per raccontare la complessità e la semplicità del quotidiano, il Bene e il Male che si annidano in ciascun essere umano e la ineludibile coesistenza di bellezza e orrore, poesia e disperazione (la morte del fratello, l'amico annegato, le tensioni familiari). Una condizione esistenziale che si protrae fin dalle origini del mondo e che Malick indaga concedendosi digressioni che toccano l'infinito cosmologico, la comparsa delle prime forme di vita e l'immaginario ultraterreno. Fedele a uno sguardo cinematografico unico e personalissimo, oltre che refrattario a un tipo di narrazione lineare, il regista americano costruisce un'opera magniloquente, magmatica ed ermetica, in cui al dialogo viene preferito il monologo interiore e il racconto si snoda come un vero e proprio flusso di coscienza tra suggestioni, silenzi e sguardi pregni di significato e carica emozionale, a cui si aggiungono immagini evocative di abbacinante bellezza (grazie alla splendida fotografia di Emmanuel Lubezki). Un film ostico, alieno a qualsiasi moda o convenzione, un caleidoscopio emotivo e un'esperienza filmica e intellettuale difficoltosa ma proprio per questo estremamente gratificante, meritatamente premiato al Festival di Cannes con il riconoscimento più importante: la Palma d'oro. Da segnalare che esiste una versione estesa di tre ore, inserita nel cartellone della Mostra di Venezia 2018.



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