Un uomo felice
Un homme hereaux
Durata
89
Formato
Regista
Jean Leroy (Fabrice Luchini) e la moglie Edith (Catherine Frot) vivono da diversi anni in una città del nord della Francia. Jean si ricandida per il terzo mandato di fila alle elezioni come sindaco conservatore della città. Mentre la moglie, a insaputa del marito, intraprende un periodo di transizione per diventare un uomo. Questa decisione inaspettata metterà in discussione l’immagine di Jean, il quale si troverà a dover scendere a compromessi con la sua mentalità e la nuova vita di Edith
La commedia di Tristan Séguéla racconta uno sconvolgimento che scombussolerà l’ecosistema famigliare del personaggio di Jean. La pellicola va a schernire il personaggio principale, che inevitabilmente va a rappresentare l’uomo medio, retrogrado che gode di poca di apertura mentale, almeno in un primo momento. Il regista, però, non osa verso nessun punto di vista: per quanto concerne il tema del cambio di genere lo narra in maniera velata, leggera, fin troppo giocosa, rischiando di sfociare in una visione superficiale. Impossibile negare che l’idea di una donna con addosso baffi finti e vestiti prettamente maschili scaturisca il riso, tuttavia, analizzando lucidamente la tematica su cui il film si fonda, rischia di risultare decisamente poco serio e approfondito. Inoltre Séguéla non sceglie nemmeno di analizzare la mentalità e i pensieri conservatori del protagonista stesso, che finisce per risultare più che altro un fantoccio che si fa trascinare dagli eventi, mosso da un animo buono e da un’evidente moglie dominatrice. Inevitabilmente lungo il proseguire della pellicola accetta questo stravolgimento. Il risultato è un lungometraggio frivolo e superficiale, che avrebbe dovuto avere maggiore attenzione nel trattare un argomento tanto delicato.
La commedia di Tristan Séguéla racconta uno sconvolgimento che scombussolerà l’ecosistema famigliare del personaggio di Jean. La pellicola va a schernire il personaggio principale, che inevitabilmente va a rappresentare l’uomo medio, retrogrado che gode di poca di apertura mentale, almeno in un primo momento. Il regista, però, non osa verso nessun punto di vista: per quanto concerne il tema del cambio di genere lo narra in maniera velata, leggera, fin troppo giocosa, rischiando di sfociare in una visione superficiale. Impossibile negare che l’idea di una donna con addosso baffi finti e vestiti prettamente maschili scaturisca il riso, tuttavia, analizzando lucidamente la tematica su cui il film si fonda, rischia di risultare decisamente poco serio e approfondito. Inoltre Séguéla non sceglie nemmeno di analizzare la mentalità e i pensieri conservatori del protagonista stesso, che finisce per risultare più che altro un fantoccio che si fa trascinare dagli eventi, mosso da un animo buono e da un’evidente moglie dominatrice. Inevitabilmente lungo il proseguire della pellicola accetta questo stravolgimento. Il risultato è un lungometraggio frivolo e superficiale, che avrebbe dovuto avere maggiore attenzione nel trattare un argomento tanto delicato.