Urla in favore di Sade
Hurlements en faveur de Sade
Durata
64
Formato
Regista
Uno degli esempi più emblematici di anti-cinema nella storia della settimana arte, firmato dall'intellettuale “contro” Guy Debord, la mente dietro l'influente e decisivo testo (ma anche film) La società dello spettacolo (1974).
«È un lungometraggio completamente privo di immagini, il suo unico supporto è costituito dalla colonna sonora. Durante la proiezione dei dialoghi, lo schermo è uniformemente bianco. I dialoghi, la cui durata complessiva non supera la ventina di minuti, sono a loro volta dispersi per brevi frammenti in un'ora di silenzio (di cui ventiquattro minuti consecutivi costituiscono la sequenza finale). Durante la proiezione dei silenzi lo schermo resta assolutamente nero». Sono queste le parole dello stesso Guy Debord, morto suicida nel 1994 e qui alla sua “opera prima”. Un atto d'accusa al cinema che ne annulla la grammatica silenziandolo e annullandolo, virando tutto o sul bianco o sul nero e cancellando di fatto qualsiasi sfumatura intermedia. Un'opera che può apparire pretenziosa e vanamente apocalittica, e che forse in parte sposa tali difetti, ma si tratta, di fatto, della coerente propaggine della filosofia di un pensatore che ha fatto dell'aggressione a ciò che è accomodante e risaputo uno dei suoi massimi punti di forza. Debord con Urla in favore di Sade intende farla finita con il cinema, lui per primo, suggerendo l'ipotesi di un'epoca post-iconografica: un tempo alla fine delle immagini nel quale, data l'eccessiva proliferazione di stimoli visivi, l'immagine stessa ha ormai perso la sua capacità di legiferare sulla realtà, di dire qualcosa sul mondo, di acquisire un senso e un peso specifico. Il regista parigino sposa una visione apocalittica e pessimistica del mondo, prefigurando la desertificazione di un futuro possibile nel quale non ci sarà più niente da vedere perché tutto sarà già stato visto. All'inizio, sul bianco, le voci di Gil J. Wolman, Serge Berna, Barbara Rosenthal, Jean-Isidore Isou e di Debord stesso declamano passi di diritto romano. Durante la sua prima proiezione, a Parigi, fu interrotto dopo 20 minuti a causa delle veementi proteste del pubblico.
«È un lungometraggio completamente privo di immagini, il suo unico supporto è costituito dalla colonna sonora. Durante la proiezione dei dialoghi, lo schermo è uniformemente bianco. I dialoghi, la cui durata complessiva non supera la ventina di minuti, sono a loro volta dispersi per brevi frammenti in un'ora di silenzio (di cui ventiquattro minuti consecutivi costituiscono la sequenza finale). Durante la proiezione dei silenzi lo schermo resta assolutamente nero». Sono queste le parole dello stesso Guy Debord, morto suicida nel 1994 e qui alla sua “opera prima”. Un atto d'accusa al cinema che ne annulla la grammatica silenziandolo e annullandolo, virando tutto o sul bianco o sul nero e cancellando di fatto qualsiasi sfumatura intermedia. Un'opera che può apparire pretenziosa e vanamente apocalittica, e che forse in parte sposa tali difetti, ma si tratta, di fatto, della coerente propaggine della filosofia di un pensatore che ha fatto dell'aggressione a ciò che è accomodante e risaputo uno dei suoi massimi punti di forza. Debord con Urla in favore di Sade intende farla finita con il cinema, lui per primo, suggerendo l'ipotesi di un'epoca post-iconografica: un tempo alla fine delle immagini nel quale, data l'eccessiva proliferazione di stimoli visivi, l'immagine stessa ha ormai perso la sua capacità di legiferare sulla realtà, di dire qualcosa sul mondo, di acquisire un senso e un peso specifico. Il regista parigino sposa una visione apocalittica e pessimistica del mondo, prefigurando la desertificazione di un futuro possibile nel quale non ci sarà più niente da vedere perché tutto sarà già stato visto. All'inizio, sul bianco, le voci di Gil J. Wolman, Serge Berna, Barbara Rosenthal, Jean-Isidore Isou e di Debord stesso declamano passi di diritto romano. Durante la sua prima proiezione, a Parigi, fu interrotto dopo 20 minuti a causa delle veementi proteste del pubblico.