Virgin Mountain
Fúsi
Durata
94
Formato
Regista
In una Islanda invernale, immersa nella luce crepuscolare alternata al grigiore tenue delle poche ore diurne, Fúsi (Gunnar Jónsson) è un gigante gentile, alfiere di buoni sentimenti, che però non ha mai conosciuto le gioie carnali dell’amore e che all’età di 43 anni vive ancora con la madre. L'incontro con Sjöfn (Ilmur Kristjánsdóttir) cambierà la sua monotona quotidianità.
Virgin Mountain, film dalle atmosfere nordeuropee peculiari e perfettamente riconoscibili, è basato anzitutto su un lampante meccanismo di identificazione, che apre la strada a una maturazione sentimentale sorprendente: trovando un perfetto alter-ego in una timida e silenziosa bambina (Franziska Una Dagsdóttir) che vive nel suo palazzo, vera e propria voce della sua coscienza, Fúsi incontra Sjöfn, donna complicata e problematica che però gli fa scoprire la profondità di un sentimento mai esplorato prima. Quella di Dagur Kàri è una gelida commedia la cui genesi risale ad anni addietro, quando il regista iniziò a pensare alla sceneggiatura immaginando come protagonista proprio Gunnar Jónsson, il quale fa suoi dei toni vagamente kaurismakiani mescolandoli a una inequivocabile sensibilità di stampo fiabesco, struggente e ottimista, divisa tra purezza e intimismo. L’impianto sgraziato e poetico appare fin troppo ricalcato su luoghi ricorrenti e ambientazioni standardizzate del cinema scandinavo, ma la scarsa originalità e il ricorso a un registro surreale non certo inedito e spiazzante non impediscono al film di Kàri di colpire al cuore con la forza di un one shot secco e ruvido attraverso traiettorie non intuibili e poco rassicuranti. L’Islanda, più che un silente e distante involucro geografico, è quasi un personaggio aggiunto, oltre che uno stato d’animo in questa pellicola toccante e sincera al punto giusto. Il protagonista, prima di essere rilanciato dal film, aveva iniziato a lavorare come commesso in un fast food di Reykjavik.
Virgin Mountain, film dalle atmosfere nordeuropee peculiari e perfettamente riconoscibili, è basato anzitutto su un lampante meccanismo di identificazione, che apre la strada a una maturazione sentimentale sorprendente: trovando un perfetto alter-ego in una timida e silenziosa bambina (Franziska Una Dagsdóttir) che vive nel suo palazzo, vera e propria voce della sua coscienza, Fúsi incontra Sjöfn, donna complicata e problematica che però gli fa scoprire la profondità di un sentimento mai esplorato prima. Quella di Dagur Kàri è una gelida commedia la cui genesi risale ad anni addietro, quando il regista iniziò a pensare alla sceneggiatura immaginando come protagonista proprio Gunnar Jónsson, il quale fa suoi dei toni vagamente kaurismakiani mescolandoli a una inequivocabile sensibilità di stampo fiabesco, struggente e ottimista, divisa tra purezza e intimismo. L’impianto sgraziato e poetico appare fin troppo ricalcato su luoghi ricorrenti e ambientazioni standardizzate del cinema scandinavo, ma la scarsa originalità e il ricorso a un registro surreale non certo inedito e spiazzante non impediscono al film di Kàri di colpire al cuore con la forza di un one shot secco e ruvido attraverso traiettorie non intuibili e poco rassicuranti. L’Islanda, più che un silente e distante involucro geografico, è quasi un personaggio aggiunto, oltre che uno stato d’animo in questa pellicola toccante e sincera al punto giusto. Il protagonista, prima di essere rilanciato dal film, aveva iniziato a lavorare come commesso in un fast food di Reykjavik.