I Wish I Knew

Shanghai, sondandone tutti gli aspetti possibili e gli elementi, storici, antropologici, architettonici, attraverso i quali mettere a fuoco la vita di una metropoli e il suo peso nell'immaginario collettivo.



A partire dalla reunion di una classe qualsiasi, Jia Zhang-ke parla di una città chiave per la storia e l'evoluzione della cultura cinese e lo fa attraverso un documentario polifonico, che intreccia fisicamente più voci e più fonti, piuttosto privo però tanto di interesse quanto di sussulti, un po' fermo alla dimensione (decisamente castrante) dell'illustrazione telecomandata. La progressione e l'evoluzione degli eventi storici è scandita passo dopo passo con dovizia di dettagli, ma la materia umana che si agita all'interno di tale scansione non ha carisma sufficiente, né il regista fa nulla in tal senso, per generare un salto di qualità. Le immagini di Jia approdano ovviamente alla Rivoluzione Culturale prima e al capitalismo poi, ma mancano di un punto di vista originale o anche solo di una prospettiva che oltrepassi il rendiconto per diventare spaccato pulsante e non semplicemente catalogante, sempre uguale a se stesso intervista dopo intervista. In generale sembra aleggiare un cupo senso di disfacimento, anch'esso però tutt'altro che cavalcato fino in fondo o espresso in termini esaustivi.