Nell'estrema provincia cinese alla fine degli anni '80, una compagnia teatrale porta in scena la pièce Treno diretto a Shaoshan, incrociando palco e vita, destini collettivi e vicende private.

All'alba del nuovo millennio e solo al suo secondo film, il regista cinese Jia Zhang-ke, scrittore (fin da giovanissimo) ancor prima che cineasta di livello, orchestra un vigoroso e a tratti notevole affresco visivo, che dallo stile teatrale si lascia sedurre e attrarre fino alla corrispondenza diretta tra cinema e palcoscenico, oscillando tra asperità stilistiche e letterarietà, tra romanticismo ed esplosioni formali. L'intento chiaro del regista, alfiere e massimo esponente di una nuova generazione di cineasti cinesi piuttosto critici verso l'humus culturale del proprio paese, è quello di restituire l'identità reale della Cina attraverso il racconto di una leva di artisti impegnati e sbilanciati sul piano sentimentale e dunque decisamente adatti, allo stesso tempo, a restituire tutta la complessità ribollente di un sistema di classi, sociali e di valori. Jia racconta per unità di misura avvolgenti, si affida al piano-sequenza pur incappando in qualche evidente e fastidiosa ridondanza, ma la preziosità della sua mano espressiva è comunque fuori discussione. Un'opera eccessivamente fluviale ma necessaria, degnissima di traghettare il cinema cinese nel nuovo millennio. Girato nei pressi del luogo di nascita dello stesso Jia Zhang-ke, intorno alla piccola città di Fenyang nella provincia cinese dello Shanxi.
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