Yaaba
Yaaba
Durata
90
Formato
Regista
In un villaggio africano, il piccolo Bila (Noufou Ouédraogo) stringe amicizia con una vecchia signora (Fatimata Sanga), emarginata perché considerata una strega. Sempre più affezionato a una coetanea (Roukietou Barry) che si ammala di tetano, Bila chiederà aiuto proprio dall'anziana donna.
«I bambini e gli emarginati salveranno il mondo». Questo detto, un po' schematicamente, può riassumere il senso del secondo film del burkinese Idrissa Ouedraogo, cinematograficamente cresciuto oltralpe, che dimostra di aver raggiunto la piena maturità con questa rigorosa ed essenziale, ma assolutamente tenera, storia d'amicizia tra un bambino e un'anziana emarginata. La macchina da presa fissa e la prevalenza di campi lunghi e lunghissimi incorniciano il ritratto di una piccola comunità di un villaggio della savana, dominata da screzi, tradimenti, piccole (più o meno) cattiverie e da assoluta chiusura. Le spinte centrifughe ed erosive vengono proprio dalle persone ai margini: non solo la coppia di bambini amici e la cosiddetta “strega”, ma anche il personaggio alcolizzato e tradito, voce mai ascoltata della coscienza della comunità. Più che un film di denuncia, come qualcuno ha voluto sottolineare, è un racconto di formazione, toccante e ben congegnato. È un'opera sentimentale che sfiora la favola e che punta su una sceneggiatura delicata e su un gruppo di attori credibili. Premio FIPRESCI al Festival di Cannes 1989.
«I bambini e gli emarginati salveranno il mondo». Questo detto, un po' schematicamente, può riassumere il senso del secondo film del burkinese Idrissa Ouedraogo, cinematograficamente cresciuto oltralpe, che dimostra di aver raggiunto la piena maturità con questa rigorosa ed essenziale, ma assolutamente tenera, storia d'amicizia tra un bambino e un'anziana emarginata. La macchina da presa fissa e la prevalenza di campi lunghi e lunghissimi incorniciano il ritratto di una piccola comunità di un villaggio della savana, dominata da screzi, tradimenti, piccole (più o meno) cattiverie e da assoluta chiusura. Le spinte centrifughe ed erosive vengono proprio dalle persone ai margini: non solo la coppia di bambini amici e la cosiddetta “strega”, ma anche il personaggio alcolizzato e tradito, voce mai ascoltata della coscienza della comunità. Più che un film di denuncia, come qualcuno ha voluto sottolineare, è un racconto di formazione, toccante e ben congegnato. È un'opera sentimentale che sfiora la favola e che punta su una sceneggiatura delicata e su un gruppo di attori credibili. Premio FIPRESCI al Festival di Cannes 1989.