Una donna promettente
Promising Young Woman
Premi Principali
Oscar alla miglior sceneggiatura originale 2021
Durata
113
Formato
Regista
Cassie (Carey Mulligan) ha trent’anni e lavora in un piccolo bar. Durante gli anni dell’università, ha subito un trauma terribile: la sua amica Nina ha subito una violenza tremenda e da quel momento Cassie ha abbandonato gli studi e vive cercando in ogni modo di vendicarla.
Il Rape & Revenge in salsa hollywoodiana: si potrebbe riassumere così Una donna promettente, film che riprende l’idea del sottogenere collegabile a parte del filone exploitation degli anni Settanta per virarla però in un contesto molto più edulcorato e paradossalmente “politically correct”. Lo stupro (subito dall’amica Nina) e la vendetta (operata dalla protagonista Cassie) sono le basi di un lungometraggio che, più che ai toni horror-thriller dei tipici film dello stesso genere, si avvicina più a una commedia nera costruita un po’ a tavolino per mettere in scena molte tematiche presenti nel cinema americano del momento. Le riflessioni messe in campo sono tante, importanti e spesso agghiaccianti (a partire dalla “accettazione” dello stupro come forma di mantenimento dello status quo e come forma di potere), ma il film riesce a scuotere soprattutto nella prima parte, quando Cassie si finge ubriaca per poi mostrare agli uomini con cui esce come nascondano il desiderio di violentarla, arrivando a umiliarli e spaventarli. Man mano che passano i minuti il copione e gli incastri risultano troppo forzati e poco credibili, facendo perdere un po’ di spinta al buono slancio iniziale della sceneggiatura. In ogni caso, Emerald Fennell (al suo esordio come regista e sceneggiatrice di un lungometraggio) dimostra coraggio e ha più di un asso nella manica, ma qualche passaggio acerbo si nota e c’è un sottofondo ideologico nella sua opera prima che poteva essere meno esplicito. Buona prova di una credibile Carey Mulligan.
Il Rape & Revenge in salsa hollywoodiana: si potrebbe riassumere così Una donna promettente, film che riprende l’idea del sottogenere collegabile a parte del filone exploitation degli anni Settanta per virarla però in un contesto molto più edulcorato e paradossalmente “politically correct”. Lo stupro (subito dall’amica Nina) e la vendetta (operata dalla protagonista Cassie) sono le basi di un lungometraggio che, più che ai toni horror-thriller dei tipici film dello stesso genere, si avvicina più a una commedia nera costruita un po’ a tavolino per mettere in scena molte tematiche presenti nel cinema americano del momento. Le riflessioni messe in campo sono tante, importanti e spesso agghiaccianti (a partire dalla “accettazione” dello stupro come forma di mantenimento dello status quo e come forma di potere), ma il film riesce a scuotere soprattutto nella prima parte, quando Cassie si finge ubriaca per poi mostrare agli uomini con cui esce come nascondano il desiderio di violentarla, arrivando a umiliarli e spaventarli. Man mano che passano i minuti il copione e gli incastri risultano troppo forzati e poco credibili, facendo perdere un po’ di spinta al buono slancio iniziale della sceneggiatura. In ogni caso, Emerald Fennell (al suo esordio come regista e sceneggiatrice di un lungometraggio) dimostra coraggio e ha più di un asso nella manica, ma qualche passaggio acerbo si nota e c’è un sottofondo ideologico nella sua opera prima che poteva essere meno esplicito. Buona prova di una credibile Carey Mulligan.