A Modern Family

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Anno

Paese

Usa

Generi

Durata

91

Formato

Regista

Erasmus (Steve Coogan) è un eccentrico presentatore di un programma di cucina prodotto con il compagno di una vita, Paul (Paul Rudd). La coppia ha una vita stravagante scandita da feste sfarzose e costanti battibecchi. La già non ordinaria routine dei due viene ulteriormente scossa dall'improvviso ritorno in città di Dale, figlio biologico di Erasmus. Quando la polizia arresta Dale in uno squallido motel, il figlioletto Bill riesce a fuggire portando con sé niente altro che un indirizzo: quello di Erasmus e Paul.



A partire da un quadro familiare e da una situazione infantile piuttosto dolorosa e spinosa, A Modern Family regala a Steve Coogan e Paul Rudd la possibilità di gigioneggiare con ironia e senso della misura nei panni di una coppia gay variopinta e scatenata, buffa ma anche intrisa di improvvisi momenti di umanità e tenerezza. Se la confezione e l’impaginazione editoriale del progetto potrebbe far pensare a una commedia americana grossolana di medio-bassa fattura, il risultato è in realtà abbastanza sopra la media dei prodotti analoghi, con una cura visiva più pronuncia del solito, tanta gustosa simpatia situazionista (epiche le tazze e le magliette di Coogan, con sopra frasi come “Shaved my balls for this?”) e l’alito della cultura indiana a soffiare su tutto il progetto, anche se in maniera non sempre apprezzabile e ragionata. Paul Rudd è più convenzionale nel suo look da hipster, mentre il britannico Coogan, eccentrico e sornione, colpisce più nel segno col suo humour british. Non mancano, tuttavia, passaggi inconsistenti a dispetto degli elementi sofisticati sciorinati qua e là e la prima parte fatica non poco a decollare, inciampando a più riprese in una scrittura impalpabile e claudicante, mal servita da una sceneggiatura non del tutto sviluppata che, viste le premesse, avrebbe meritato più cura e fortuna. Colpisce non poco, però, l’ultima mezz’ora e in particolare il finale, in cui la temperatura emotiva tra i due protagonisti prende delle pieghe commoventi e liberatorie, tra giochi linguistici, scenate in automobilie e il ricorso alla bellissima, carezzevole, struggente For the Widows in Paradise, for the Fatherless in Ypsilanti di Sufjan Stevens. Il futuro all’orizzonte sarà anche colmo di nubi, sembra dirci il film esplicitando visivamente la metafora e la necessità di una felicità e di una sessualità “arcobaleno”, ma uno spiraglio di luce può aprirsi solo se lo si fissa e fronteggia in due. Sui titoli di coda scorrono le foto di numerose famiglie omosessuali, a riprova della genuina, necessaria natura militante di questa commedia che riesce a coniugare solarità e impegno civile.
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