
L'abbuffata
Durata
100
Formato
Regista
Marco (Lorenzo Di Ciaccia), Gabriele (Paolo Briguglia) e Nicola (Lele Nucera) vogliono realizzare un corto raccontando la storia della zia, innamorata di un cugino trasferitosi negli Usa, di cui attende il promesso ritorno. Per girarlo, chiedono la collaborazione del regista decaduto Neri (Diego Abatantuono), che abita nel paesino dove vivono i ragazzi, ma l'uomo si ingelosisce quando i tre riescono a coinvolgere il grande Gérard Depardieu.
Un film che parla del cinema, mostrando lo stato in cui versa la cinematografia nostrana, troppo nostalgica dei bei tempi andati, ancora presa a rimpiangere Marcello Mastroianni e incapace di credere nel futuro scommettendo su nuovi talenti. L'aria che si respira è quella di una nazione in decadenza, incapace di appoggiare l'entusiasmo dei più giovani, di arginare gli umori di chi è già affermato e di valorizzare ciò che di buono c'è ancora. Calopresti si lascia però prendere troppo la mano e, ispirandosi ai mondi trasognati e malinconici di Fellini, sembra incapace di portare avanti una storia coerente. Il risultato è un lungometraggio sfilacciato, in cui si perde più volte la focalizzazione sul racconto portante, troppo preso a toccare nuovi argomenti che rimangono, però, solo superficiali. I personaggi, privi di sfumature, sono così una esasperazione degli stereotipi a cui si rifanno. Il tutto è condito di una buona dose di luoghi comuni e l'abbuffata, alla fine, è di noia, di pretese e retorica.
Un film che parla del cinema, mostrando lo stato in cui versa la cinematografia nostrana, troppo nostalgica dei bei tempi andati, ancora presa a rimpiangere Marcello Mastroianni e incapace di credere nel futuro scommettendo su nuovi talenti. L'aria che si respira è quella di una nazione in decadenza, incapace di appoggiare l'entusiasmo dei più giovani, di arginare gli umori di chi è già affermato e di valorizzare ciò che di buono c'è ancora. Calopresti si lascia però prendere troppo la mano e, ispirandosi ai mondi trasognati e malinconici di Fellini, sembra incapace di portare avanti una storia coerente. Il risultato è un lungometraggio sfilacciato, in cui si perde più volte la focalizzazione sul racconto portante, troppo preso a toccare nuovi argomenti che rimangono, però, solo superficiali. I personaggi, privi di sfumature, sono così una esasperazione degli stereotipi a cui si rifanno. Il tutto è condito di una buona dose di luoghi comuni e l'abbuffata, alla fine, è di noia, di pretese e retorica.