Addio mia concubina
Ba wang bie ji
Durata
171
Formato
Regista
Cresciuto dalla compagnia dell'Opera di Pechino e destinato da sempre a ricoprire ruoli femminili, Douzi, ribattezzato Dieyi (Leslie Cheung), è innamorato del suo eterno amico e collega Shitou, in arte Xiaolou (Zhang Fengyi): il pezzo forte dei due è la mise-en-scène dell'opera Addio mia concubina in cui Douzi interpreta l'amante di Xiaolou. Il loro rapporto difficile e contrastato dovrà attraversare i molti e complessi stadi della storia cinese, dalla dominazione giapponese al maoismo, prima di giungere a un tragico epilogo.
Tratto dal romanzo omonimo di Lilian Lee, Addio mia concubina riunisce tante storie in una: la storia di una passione viscerale per l'opera e il palcoscenico; la storia di un amore mancato e sbagliato; la storia di un Paese straziato e martoriato; la storia di un uomo dalla fragile identità; la storia di due attori che invecchiano e appassiscono, lontani dai fasti che hanno conosciuto in passato. Una confezione magniloquente, sia per apparato scenico che per durata (170 minuti), fa da contenitore a questa ricchissima materia, che viene riassunta e condensata nelle vicende personali dei due protagonisti, senza mai dimenticare la Cina sottomessa prima dall'invasore e poi da un regime oscurantista, cieco e sordo alla bellezza, nemico dei sentimenti. Interpretato egregiamente dai due protagonisti, è un coraggioso grido di dolore che osa toccare argomenti proibiti come quelli dell'omosessualità e delle nefandezze perpetrate dal governo maoista, un profondo atto d'amore verso la Cina e verso la sua ricchezza culturale, un omaggio all'opera tradizionale, un invito alla spontaneità dei sentimenti che non poteva che concludersi tragicamente, abbracciando quella tragedia che interamente lo pervade e lo permea, riflessa negli occhi innamorati e disperati di Dieyi, indimenticabile eterno femminino. Palma d'oro e Premio FIPRESCI al Festival di Cannes, due candidature agli Oscar (miglior film straniero e fotografia), Golden Globe come miglior film straniero e Bafta come miglior film in lingua non inglese, contribuì a sdoganare il cinema orientale contemporaneo presso il pubblico occidentale.
Tratto dal romanzo omonimo di Lilian Lee, Addio mia concubina riunisce tante storie in una: la storia di una passione viscerale per l'opera e il palcoscenico; la storia di un amore mancato e sbagliato; la storia di un Paese straziato e martoriato; la storia di un uomo dalla fragile identità; la storia di due attori che invecchiano e appassiscono, lontani dai fasti che hanno conosciuto in passato. Una confezione magniloquente, sia per apparato scenico che per durata (170 minuti), fa da contenitore a questa ricchissima materia, che viene riassunta e condensata nelle vicende personali dei due protagonisti, senza mai dimenticare la Cina sottomessa prima dall'invasore e poi da un regime oscurantista, cieco e sordo alla bellezza, nemico dei sentimenti. Interpretato egregiamente dai due protagonisti, è un coraggioso grido di dolore che osa toccare argomenti proibiti come quelli dell'omosessualità e delle nefandezze perpetrate dal governo maoista, un profondo atto d'amore verso la Cina e verso la sua ricchezza culturale, un omaggio all'opera tradizionale, un invito alla spontaneità dei sentimenti che non poteva che concludersi tragicamente, abbracciando quella tragedia che interamente lo pervade e lo permea, riflessa negli occhi innamorati e disperati di Dieyi, indimenticabile eterno femminino. Palma d'oro e Premio FIPRESCI al Festival di Cannes, due candidature agli Oscar (miglior film straniero e fotografia), Golden Globe come miglior film straniero e Bafta come miglior film in lingua non inglese, contribuì a sdoganare il cinema orientale contemporaneo presso il pubblico occidentale.