Dall’Area X, zona degli Stati Uniti colpita da un inquietante disastro naturale, un gruppo di soldati non fa più ritorno. L’unico sopravvissuto, Kane (Oscar Isaac), mostra sintomi di preoccupanti malanni per i quali non sembra esserci cura alcuna. La moglie del soldato, la biologa Lena (Natalie Portman), si inoltra nell’area insieme a delle colleghe nel tentativo di salvare il marito e capire cosa gli sia davvero successo…

Tratto dall’omonimo romanzo di Jeff VanderMeer, Annientamento è l’opera seconda del regista e sceneggiatore Alex Garland, che nel precedente Ex Machina (2015) aveva affrontato la sessualità e il rapporto uomo-macchina lavorando sulla robotica e sulle superfici. Stavolta Garland si cimenta con un’operazione altrettanto ambiziosa, che non a caso ha indotto la Paramount, dopo i primi deludenti test screening, a cedere i diritti del film a Netflix, destinandolo solo allo streaming e ritenendolo troppo intellettuale. Siamo senza dubbio al cospetto di un prodotto a tratti eccessivamente cervellotico e pieno di elucubrazioni, che possono respingere e tenere a debita distanza, trasformando il film in una glaciale e distaccata osservazione in vitro, gelida tanto quanto la materia delle sue ossessioni. La carne al fuoco è senz’altro troppa ma gli elementi di interesse sono altrettanti, il gioco vale la candela e lo spessore cinematografico è indubbio: in questa vicenda che mescola un matrimonio in frantumi all’esplorazione di forme aliene in territori inesplorati, abbondano i “bagliori” di senso, reali e figurati, da cogliere e da soppesare come in una raccolta di dati sul campo da acquisire tra osservazione e terrore, tra sguardi impassibili e creature bestiali. Se il corpo di Lena che gode a letto con un altro uomo sembra a tutti gli effetti, di schiena, un Alien scheletrico altro da se stessa, tanto altro nel film ricorda le creazioni del geniale Giger. Un’opera sci-fi macchinosa, che lascia aperte molte porte e altrettanti portali (finale compreso), molto soppesata e mai davvero viscerale nonostante le impressionanti esplosioni di violenza, ma preziosissima per il suo spessore, per la riflessione filosofica sui legami tra biologia e psicologia (merce molto rara), per il coraggio con cui persegue la propria avventata e rischiosissima visione dell’universo e dell’alterità, degli impulsi (e dei colori codici) e del male. Un film da vedere.
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