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Un attimo, una vita
Bobby Deerfield
Durata
124
Formato
Regista
Il pilota di Formula 1 Bobby Deerfield (Al Pacino) è andato a trovare in ospedale un collega vittima di un incidente in pista: lì incontra Lilliana (Marthe Keller), una ragazza fiorentina gravemente malata che lo convince ad accompagnarla in un ultimo viaggio in Italia.
Tratto dal romanzo Il cielo non ha preferenze di Erich Maria Remarque, il film di Pollack interseca la storia d'amore col tema della morte (con cui entrambi i protagonisti si confrontano): se per Bobby è lo stimolo alla sfida continua – l'adrenalina della pista – per Lilliana è una convivenza quotidiana e ormai accettata. Si tratta di un melò piuttosto convenzionale e scontato che, forse come unico pregio, ha quantomeno la qualità di non eccedere troppo nella retorica: a dispetto del tema, infatti, i momenti strappalacrime sono davvero pochi grazie anche a uno stile dilatato che preferisce l'allusione all'espressione diretta. Tuttavia proprio il tentativo del regista di evitare le trappole del cinema sentimentale e conferire un taglio originale a una storia più volte vista e raccontata, finisce col raffreddare troppo la materia. I personaggi (e la loro storia) risultano distanti dallo spettatore, vanificando ogni possibilità d'empatia e le stesse interpretazioni, soprattutto quella della Keller, risultano inconsistenti. Nel caso di Pacino, probabilmente, a remargli contro è il ruolo, così freddo e controllato.
Tratto dal romanzo Il cielo non ha preferenze di Erich Maria Remarque, il film di Pollack interseca la storia d'amore col tema della morte (con cui entrambi i protagonisti si confrontano): se per Bobby è lo stimolo alla sfida continua – l'adrenalina della pista – per Lilliana è una convivenza quotidiana e ormai accettata. Si tratta di un melò piuttosto convenzionale e scontato che, forse come unico pregio, ha quantomeno la qualità di non eccedere troppo nella retorica: a dispetto del tema, infatti, i momenti strappalacrime sono davvero pochi grazie anche a uno stile dilatato che preferisce l'allusione all'espressione diretta. Tuttavia proprio il tentativo del regista di evitare le trappole del cinema sentimentale e conferire un taglio originale a una storia più volte vista e raccontata, finisce col raffreddare troppo la materia. I personaggi (e la loro storia) risultano distanti dallo spettatore, vanificando ogni possibilità d'empatia e le stesse interpretazioni, soprattutto quella della Keller, risultano inconsistenti. Nel caso di Pacino, probabilmente, a remargli contro è il ruolo, così freddo e controllato.
