Cattedrali della cultura 3D

Cathedrals of Culture

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165

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Sei registi, ciascuno con il proprio stile, confezione un progetto per dare voce ad alcuni edifici rappresentativi della cultura e dell'esperienza artistica: la Filarmonica di Berlino (Wim Wenders), la Biblioteca nazionale russa (Michael Glawogger), il Carcere di Halden (Michael Madsen), il Salk Institute (Robert Redford), l'Opera House di Oslo (Margreth Olin) e il Centre Pompidou (Karim Aïnouz).

Da un'idea di Wim Wenders, un progetto indubbiamente curioso, perfetto per la televisione ma passato anche al cinema, il cui fine è quello di rappresentare sullo schermo l'anima di questi importanti edifici, le “cattedrali della cultura”. I palazzi sono visti come scrigni di una memoria collettiva da cui attingere per ricordare, conoscere, comprendere. I registi danno una propria visione dei personale di questi luoghi: la Filarmonica di Berlino, icona della modernità; la Biblioteca Nazionale Russa, impero silenzioso delle idee; il Carcere di Halden, prigione modello che rieduca alla vita e al pensiero; il Salk Institute, monastero della scienza in California; il Palazzo dell'Opera di Oslo, una simbiosi futurista di arte e vita; il Centre Pompidou, una macchina della cultura moderna. Wenders, dopo il successo di Pina (2011), è tornato a mettere in scena un documentario in 3D, convinto che sia la strada giusta per dare maggiore forza espressiva al “cinema del reale”: in questo caso, però, nel suo progetto la stereoscopia appare un elemento di autocompiacimento, non necessario a mettere in risalto la bellezza e l'importanza dei soggetti mostrati. Il fascino dell'operazione è indubbio, ma a volte sembra un progetto studiato a tavolino a cui manca la naturalezza di uno sguardo invisibile, à la Frederick Wiseman, giusto per citare un grande documentarista che, se avesse partecipato, avrebbe probabilmente svettato in questo progetto collettivo. Tra i vari contributi presenti, il migliore è quello di Michael Madsen, che usa perfettamente la macchina da presa per contrapporre gli ideali umanisti della riabilitazione dei prigionieri, alla sete di vendetta di una società che non vuole perdonarli. In ogni caso, per gli appassionati di mostre ed edifici culturali, è un progetto da vedere, seppur serva qualche pausa e un po' di pazienza.
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