Eventi, fantasie e ricordi si mescolano senza soluzione di continuità in questo bizzarro omaggio firmato Guy Maddin e dedicato alla sua città natale.

È probabilmente la summa della poetica di Guy Maddin, regista canadese dotato di un talento più unico che raro e cineasta da sempre intento a sondare orizzonti e possibilità del mezzo cinematografico, volgendo lo sguardo sia alla sua storia che alla totalità degli strumenti di cui esso può disporre. Dopo aver raccontato luoghi simbolici e metafisici – il villaggio di Tolzbad, costantemente minacciato dalle valanghe in Careful (1992); Mandragora, dove non tramonta mai il sole, in Twilight of the Ice Nymphs (1997) – Maddin rende protagonista sin dal titolo la città in cui è nato, trasformandola in uno spazio altrettanto paradossale e surreale. Winnipeg, così, è un luogo dell'anima, uno spazio fittizio e reale allo stesso tempo, sorta di tavolozza su cui Maddin dipinge il suo passato, corredandolo in egual misura di speranze e malinconie. Attraverso la sua stessa voce narrante, il regista mette in campo un (non?) documentario totalmente anticonvenzionale e distante da qualsiasi canone visto in precedenza: l'approccio al genere è totalmente apocrifo e visionario, e si avvale in maniera creativa, con perizia ma anche con estrema autonomia linguistica, degli stratagemmi espressivi del cinema muto e di quel peculiare linguaggio filmico sul quale Maddin ha sperimentato per la sua intera carriera. Il risultato è spiazzante e personalissimo, dotato di grande spessore drammaturgico e psicologico: non a caso la protagonista di questo diario filmato è la madre, figura al contempo amorevole e disprezzabile, da cui il regista pare essere sempre stato attratto e respinto contemporaneamente. È lei il cuore di quest'opera privata e autobiografica, in cui il regista punta la cinepresa su se stesso e su tutte le sue ossessioni, artistiche ed esistenziali. Divertentissimo e struggente, sarcastico e ombroso. A suo modo necessario. Premiato con il titolo di miglior film canadese al Festival di Toronto del 2007.
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