Pauline (Émilie Dequenne), infermiera autonoma in un distretto minerario nel nord della Francia, cresce da sola i suoi due figli e si occupa di suo padre, un ex metalmeccanico. Devota e generosa, è amata dai suoi pazienti, che contano su di lei. Ma nessuno vede che Pauline, la quale si trova ad affrontare una realtà sociale sempre più dura, sta lentamente intraprendendo un percorso che nessuno nella sua famiglia ha mai preso prima. Un partito nazionalista in crescita, in cerca di rispettabilità, utilizzerà a proprio vantaggio la sua popolarità, facendone la propria candidata alle elezioni locali.



Il regista Lucas Belvaux si inoltra nelle pieghe del tessuto sociale e urbano odierno, provando a fotografarlo con precisione e nettezza, tanto negli intenti quanto negli esiti. Abituato ad esplorare i meandri della Francia profonda e di parte del Belgio (il confine tra la nazione transalpina e le Fiandre, dove è anche nato, spostandosi anche tra Le Havre, Grenoble, Liegi), Belvaux si concentra in questo caso sul nord del paese, la regione francofona più sensibile alla nuova ondata di populismo che sta interessando l’Europa intera. Un’area mineraria e depressa sotto il profilo sociale e comunitario, che tuttavia non manca di mantenere integra la propria identità operaia e combattiva. La vicenda narrata si immerge in una regione contraddittoria e lacerata, orientata verso l’estrema destra dopo una lunga storia di militanza a sinistra, attraverso una situazione dal valore esemplare: una donna candida e integerrima messa a capo di un partito vecchio stampo, fasullo e trafficone, abituato a cavalcare gli istinti più biechi dei propri elettori e a fomentarne l’intolleranza e l’odio razziale. Lo scontro tra questi due mondi produce conseguenze allarmanti e preoccupanti, fuori controllo e spesso pericolose, che A casa nostra prova a evidenziare in modo problematico e dialettico. La scrittura, però, anche se ideologicamente netta, è fin troppo manichea e confusa, tanto nella messa a fuoco dei rapporti familiari quanto in quella delle dinamiche di partito, e qualche dicotomia prevedibile (amore vs. dovere) fa capolino troppo spesso. Interessante l’uso della sinistra esclusivamente come controcampo ironico, più pasticciato invece il versante thriller e piuttosto frettoloso il finale ambientato a Lens. Il personaggio di Agnès Dorgelle, interpretato da Catherine Jacob, ha molte cose in comune con Marine Le Pen, tanto che il Front National ha boicottato il film con cinque tweet al veleno soltanto dopo aver visto il trailer, oltre a bersagliarlo con oltre 600 account falsi creati apposta su Allociné, popolare sito francese di cinema, per stroncarlo preventivamente. Molto suggestive e glaciali le prime inquadrature e azzeccato André Dussollier alle prese con un dirigente di partito insieme paterno e luciferino, confortante e inquietante. Scritto con il romanziere Jérôme Leroy e fatto uscire in Italia in prossimità delle elezioni francesi.
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