Slimane Beiji (Habib Boufares), operaio di origine maghrebina, dopo essere stato licenziato dal cantiere navale dove ha lavorato per diversi anni, decide di reinventarsi ristoratore. Con l'aiuto della sua famiglia e della comunità a cui appartiene, tenterà di trasformare una bagnarola in un locale di buon livello.



Dopo Tutta colpa di Voltaire (2000) e La schivata (2003), Abdellatif Kechiche dà vita a una pellicola ancor più intensa e personale, che conferma tutto il suo grande talento. Attraverso un vero e proprio pedinamento della macchina da presa sui personaggi (che ricorda il neorealismo italiano e in particolare le teorie di Zavattini), il regista segue i suoi protagonisti prendendoli e perdendoli in continuazione, immergendo lo spettatore in un mondo dove si mescolano sapori etnici, culture e costumi. In Cous cous sorprendono l'autenticità e il realismo, ottenuti dallo stile quasi documentaristico che rende verosimile quasi ogni momento della storia narrata attraverso una sapiente dilatazione dell'intreccio, in cui nulla viene percepito come superfluo. Lunghe sequenze costruite sul niente, ma che raccontano più di mille azioni, risultano indimenticabili anche grazie alla spontaneità e alla naturalezza degli attori, tra cui spicca la prorompente Hafsia Herzi. Vincitore del Premio speciale della Giuria alla Mostra di Venezia 2007.
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