Dopo aver perso il suo posto come violoncellista a seguito dello scioglimento dell'orchestra per la quale lavorava, Daigo (Masahiro Motoki) decide di tornare insieme alla moglie nel suo paese natale. Qui, credendo si tratti di un impiego in un'agenzia viaggi, risponde a un annuncio di lavoro solo per scoprire che in realtà le competenze richieste sono per le cerimonie di preparazione dei defunti per il loro “ultimo viaggio”.

Sarebbe un errore confinare la pellicola di Yojiro Takita a un solo genere cinematografico. Departures è, infatti, una finestra spalancata sulla cultura giapponese, le cui mille facce vengono in questo caso evidenziate dai rituali di preparazione dei defunti al loro ultimo viaggio. Ma se da una parte il film racconta con attenzione e dovizia di particolari, in maniera toccante e addirittura coinvolgente, tutti i passaggi del cerimoniale, dall'altra la storia è calata in un contesto banale e dai risvolti narrativi scontati e prevedibili tipici del melodramma familiare. Un peccato, perché lo slancio del film si arresta proprio dove avrebbe potuto ambire a vette ben più alte. La regia delicata e la bella fotografia, comunque, gli permettono di raggiungere un risultato complessivo più che dignitoso. Molto ben accolto a livello internazionale, Departures ha ottenuto un premio Oscar per il miglior film straniero e diversi altri riconoscimenti importanti (compreso il premio principale del Far East Film Festival di Udine).
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