Domenico (Silvio Orlando), disoccupato, rapina una banca e, in preda alla frenesia, prende Tommaso (Diego Abatantuono) come ostaggio. L'uomo si dimostra da subito molto collaborativo, anche troppo: intrappolato in un matrimonio ormai finito e pieno di debiti, coglie l'occasione per costruirsi una nuova vita.

Commedia dai tratti grotteschi, in cui si nota l'ispirazione tarantiniana declinata in salsa mediterranea, Figli di Annibale mescola le carte e cerca di gettare uno sguardo spensierato su occupazione, sentimenti e precarietà. La macchina da presa si muove veloce, con scatti rapidi e inquadrature inusuali, grazie a un montaggio serrato e funzionale, manifestando un desiderio di calarsi profondamente all'interno del mezzo cinematografico. Ferrario rischia di risultare troppo scolastico, ma non compromette del tutto gli equilibri (comunque spesso precari) tra personaggi, storia e costruzione narrativa. Abatantuono a suo agio in una galleria di caratteri dal taglio caricaturale, che danno forza alla pellicola lavorando sugli eccessi senza scadere nell'inverosimile.
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