La zuppa del demonio
Durata
80
Formato
Regista
Dagli inizi del Novecento fino agli anni Novanta: una panoramica dello sviluppo industriale italiano raccontata attraverso i filmati d'archivio delle aziende più importanti (dalla Olivetti alla Fiat, dall'Eni all'Ansaldo), vista nell'ottica della glorificazione del progresso.
Grazie ai contributi dell'Archivio Nazionale del Cinema d'Impresa di Ivrea (al cui direttore Sergio Toffetti è attribuita l'idea del film), con l'aggiunta di qualche segmento tratto da pellicole come L'uomo con la macchina da presa di Dziga Vertov, Davide Ferrario ricostruisce l'esaltazione occidentale, e in particolare italiana, per la colata d'acciaio e vetro che, seppellendo boschi e montagne, ha portato la catena di montaggio a diventare, almeno per qualche decennio, il fulcro pulsante del paese. Ad accompagnare i vari capitoli dell'excursus storico, importanti citazioni letterarie sul ruolo del progresso, da Marinetti a Gadda, da Majakovskij a Buzzati. Una serie di documenti interessanti, la cui progressione rischia però di risultare didascalica, componendo un quadro piuttosto stereotipato dell'evoluzione industriale italiana: dalla frenesia elettrica di inizio secolo, alla monumentalità imposta dalla “rapidità fascista”, fino al benessere prodotto in serie, in forma di utilitarie e beni di consumo usa e getta. L'unica novità, da questo punto di vista, sta nell'approccio, che condanna sottilmente, senza però stigmatizzarla, quella sete di progresso che, a conti fatti, ha portato più danni che vantaggi.
Grazie ai contributi dell'Archivio Nazionale del Cinema d'Impresa di Ivrea (al cui direttore Sergio Toffetti è attribuita l'idea del film), con l'aggiunta di qualche segmento tratto da pellicole come L'uomo con la macchina da presa di Dziga Vertov, Davide Ferrario ricostruisce l'esaltazione occidentale, e in particolare italiana, per la colata d'acciaio e vetro che, seppellendo boschi e montagne, ha portato la catena di montaggio a diventare, almeno per qualche decennio, il fulcro pulsante del paese. Ad accompagnare i vari capitoli dell'excursus storico, importanti citazioni letterarie sul ruolo del progresso, da Marinetti a Gadda, da Majakovskij a Buzzati. Una serie di documenti interessanti, la cui progressione rischia però di risultare didascalica, componendo un quadro piuttosto stereotipato dell'evoluzione industriale italiana: dalla frenesia elettrica di inizio secolo, alla monumentalità imposta dalla “rapidità fascista”, fino al benessere prodotto in serie, in forma di utilitarie e beni di consumo usa e getta. L'unica novità, da questo punto di vista, sta nell'approccio, che condanna sottilmente, senza però stigmatizzarla, quella sete di progresso che, a conti fatti, ha portato più danni che vantaggi.