Walter (Valerio Mastandrea) è un giovane apatico incapace di prendere una decisione su quale sia la strada giusta da seguire. Studente di filosofia senza aver mai sostenuto un esame, di fronte alla leva civile sceglie l'obiezione di coscienza per semplicità: ma nemmeno a fianco di persone bisognose riesce a sentirsi parte integrante della società.

Ferrario sembra dipingere un nuovo Zeno Cosini, un inetto sveviano incapace di assumere qualsiasi iniziativa che lo aiuti a integrarsi con chi lo circonda, optando perché sia il casuale scorrere degli eventi a scegliere per lui. La regia gioca con il ritmo: le immagini in ralenti si contrappongono a sequenze velocizzate, lo split screen diventa l'espediente cinematografico per rendere quel dialogo che non c'è mai stato tra padre e figlio. Realtà e fantasie del protagonista si confondono, generando un effetto non sempre calibrato ma funzionale. Un'opera genuina che, pur con uno stile portato all'eccesso, riesce a offrire una prospettiva interessante sul disorientamento percepibile nel mondo contemporaneo. Il film è dedicato a Lindsay Anderson, autore rappresentativo del free cinema inglese degli anni Sessanta.
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