Il sergente Studer
Wachtmeister Studer
Durata
112
Formato
Regista
Il sergente di polizia Studer (Heinrich Gretler) indaga su un caso di omicidio avvenuto a Gerzenstein, piccolo paesino della campagna svizzera. Gli abitanti si barricano dietro un muro di omertà, e tutti sembrano sospetti.
Prima che in Svizzera i racconti di Friedrich Dürrenmatt rivoluzionassero il poliziesco, un altro autore elvetico, Friedrich Glauser, aveva iniziato a turbare le fondamenta del genere, proprio grazie ai romanzi dedicati a Studer. Dürrenmatt stesso riconosce l’importanza dell’opera del suo conterraneo, e non fu il solo: appena un anno dopo la morte prematura di Glauser, Lindtberg dirige un film che non sfigura a confronto del testo letterario. Gli abitanti di Gerzenstein sono simbolo di una società sempre più corrotta, economicamente decadente e moralmente incapace di prendersi le proprie responsabilità. L’ispettore, con la sua ferrea volontà di verità, pare una figura aliena e scomoda a tutti, pure agli innocenti. Eppure riesce alla fine a interfacciarsi anche con l’umanità criminale: non ci sono lotte o inseguimenti, l’azione è tutta già avvenuta e quello di Studer è un lavoro di scioglimento dei mai banali nodi narrativi. Interessante la scelta registica di fornire anche allo spettatore tutti gli indizi, così da avanzare nell’indagine insieme al protagonista. Efficace introspezione psicologica e buona caratterizzazione di tutti i personaggi, anche quelli secondari. Oltre alla scrittura, di livello anche regia e fotografia, che valorizzano al meglio l‘ottima prova di Gretler, cui personaggio sembra essergli cucito addosso. Decisamente tra i migliori polizieschi degli anni Trenta, anticipatore anche di certe intuizioni del cinema noir del decennio successivo. Con un seguito del 1947, con lo stesso attore protagonista e sempre con Lindtberg in cabina di regia.
Prima che in Svizzera i racconti di Friedrich Dürrenmatt rivoluzionassero il poliziesco, un altro autore elvetico, Friedrich Glauser, aveva iniziato a turbare le fondamenta del genere, proprio grazie ai romanzi dedicati a Studer. Dürrenmatt stesso riconosce l’importanza dell’opera del suo conterraneo, e non fu il solo: appena un anno dopo la morte prematura di Glauser, Lindtberg dirige un film che non sfigura a confronto del testo letterario. Gli abitanti di Gerzenstein sono simbolo di una società sempre più corrotta, economicamente decadente e moralmente incapace di prendersi le proprie responsabilità. L’ispettore, con la sua ferrea volontà di verità, pare una figura aliena e scomoda a tutti, pure agli innocenti. Eppure riesce alla fine a interfacciarsi anche con l’umanità criminale: non ci sono lotte o inseguimenti, l’azione è tutta già avvenuta e quello di Studer è un lavoro di scioglimento dei mai banali nodi narrativi. Interessante la scelta registica di fornire anche allo spettatore tutti gli indizi, così da avanzare nell’indagine insieme al protagonista. Efficace introspezione psicologica e buona caratterizzazione di tutti i personaggi, anche quelli secondari. Oltre alla scrittura, di livello anche regia e fotografia, che valorizzano al meglio l‘ottima prova di Gretler, cui personaggio sembra essergli cucito addosso. Decisamente tra i migliori polizieschi degli anni Trenta, anticipatore anche di certe intuizioni del cinema noir del decennio successivo. Con un seguito del 1947, con lo stesso attore protagonista e sempre con Lindtberg in cabina di regia.