La parola ai giurati
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Durata
117
Formato
Regista
Un ragazzo (Douglas Spain) è accusato di aver assassinato il padre. Il verdetto sembra prevedibile, ma tra i dodici giurati ce n'è uno (Jack Lemmon) che propende per la teoria innocentista: tenterà di scardinare, non senza difficoltà, le incertezze e i pregiudizi dei colleghi.
William Friedkin firma il remake televisivo dell'omonimo e folgorante film d'esordio diretto nel 1957 da Sidney Lumet, puntando intelligentemente sulla fedeltà all'originale. La sceneggiatura di Reginald Rose delinea, attraverso i personaggi principali, diverse tipologie umane, riflettendo sul senso ultimo del termine “giustizia”, ormai sempre più ambiguo e aleatorio. Da segnalare la morbidezza dello stile registico (le sinuose carrellate che offrono una panoramica, fisica e psicologica, dei giurati impegnati in uno scontro verbale che si fa metafora di conflitti altamente universali), notevole virtuosismo tecnico che però pesa sulla progressione narrativa (ben più incisiva e serrata nell'opera di Lumet). Impegnativo ai limiti della verbosità, ma al tempo dinamico e coinvolgente: solo Friedkin poteva avere il coraggio di affrontare un mostro sacro, e vincere la sfida. Cast in ottima forma: notevoli le performance di George C. Scott, James Gandolfini, Tony Danza e William Petersen, che aveva già lavorato con il regista in Vivere e morire a Los Angeles (1985). Fotografia di Fred Schuler.
William Friedkin firma il remake televisivo dell'omonimo e folgorante film d'esordio diretto nel 1957 da Sidney Lumet, puntando intelligentemente sulla fedeltà all'originale. La sceneggiatura di Reginald Rose delinea, attraverso i personaggi principali, diverse tipologie umane, riflettendo sul senso ultimo del termine “giustizia”, ormai sempre più ambiguo e aleatorio. Da segnalare la morbidezza dello stile registico (le sinuose carrellate che offrono una panoramica, fisica e psicologica, dei giurati impegnati in uno scontro verbale che si fa metafora di conflitti altamente universali), notevole virtuosismo tecnico che però pesa sulla progressione narrativa (ben più incisiva e serrata nell'opera di Lumet). Impegnativo ai limiti della verbosità, ma al tempo dinamico e coinvolgente: solo Friedkin poteva avere il coraggio di affrontare un mostro sacro, e vincere la sfida. Cast in ottima forma: notevoli le performance di George C. Scott, James Gandolfini, Tony Danza e William Petersen, che aveva già lavorato con il regista in Vivere e morire a Los Angeles (1985). Fotografia di Fred Schuler.